LA RICERCA CONDOTTA DALL’ISTITUTO “CASELLI” SULLA “COMPOSIZIONE E TECNOLOGIE DI PRODUZIONE DELLA PORCELLANA D’EPOCA DI CAPODIMONTE”

b

Il materiale su cui sono state impostate le indagini è costituito da 535 reperti ricevuti in dotazione dalla Soprintedenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli. Tali reperti sono costituiti da alcuni degli scarti ritrovati nello scavo eseguito anni or sono nei pressi della palazzina della porcellana, attuale sede centrale dell’I.P.S.I.A. “Giovanni CASELLI” ed antica sede della reale fabbrica di Capodimonte. È di seguito riportata la successione delle indagini svolte; di ognuna di esse ne sono evidenziati gli scopi, la pratica operativa e le conclusioni tratte dal gruppo di ricerca nell’attenta analisi dei risultati raggiunti. Tutti i reperti sono stati catalogati e descritti secondo le modalità previste dai metodi tradizionali in uso presso Il Ministero dei Beni Culturali; inoltre su tutti i reperti sono state effettuate misure di densità apparente che hanno consentito di individuare fasce di valori di rilevanza statistica. I reperti sono stati classificati per tipo di foggiatura (tornio, stampaggio, calibratura) e ne sono stati selezionati 22, scegliendo quelli che avevano valori della densità apparente particolarmente significativi. Per questi reperti è stata richiesta la Soprintendenza B.A.S. di Napoli di prelevare dei piccoli campioni necessari per il proseguimento delle indagini. Poiché l’autorizzazione concessa ha consentito un prelievi di qualche grammo, in qualche caso addirittura molto meno, la quantità di campione disponibile è stato il fattore limitante sia nella scelta delle indagini da effettuare sia nella loro programmazione. Pertanto si è stabilito di procedere all’esame delle caratteristiche individuali con metodi di indagini non distruttive. In prosecuzione ed approfondimento delle indagini di caratterizzazione fisica dei reperti – campioni, si sono determinate le seguenti caratteristiche: densità apparente e reale, porosità aperta e totale, assorbimento d’acqua. La prima grandezza è stata determinata con l’accuratezza necessaria e prevista dalle norme, cioè con il metodo idrostatico.

Per la determinazione della densità reale si è seguito il metodo previsto dalla norma TLC 89/41 del D.D.R. in quanto più adattabile a piccole quantità di materiale di tipo ceramico e perché consente l’uso di apparecchiature già in dotazione all’Istituto ”Caselli” o di facile aquisibilità. Il metodo suddetto consente di calcolare la densità con la precisione di 0,001 g/cc; essa viene calcolata come media di almeno due prove la cui differenza non deve superare 0,005 g/cc. Il risultato viene arrotondato a 0,01 g/cc. Nel nostro caso essendo piccole quantità di campione disponibile si sono apportate le seguenti variazioni alle procedure previste dalle norme:

  • Per evitare perdita di materiale sul setaccio, con maglie aventi apertura 63µm, si è verificato quale fosse il tempo necessario per avere con certezza un macinato su mortaio di agata avente le caratteristiche previste, tale tempo è stato aumentato del 50% e la fase di vagliatura è stata abolita;

  • La determinazione del peso del campione dopo essiccamento in stufa è stata fatta con bilancia analitica;

  • Il picnometro utilizzato, invece che da 25 ml come previsto dalla norma citata, è da 10 ml; sono state così ridotte proporzionatamente sia le quantità dei campioni da sottoporre a misura che la capacità del picnometro;

  • Al fine di migliorare ulteriormente l’attendibilità delle misure, le prove effettuate sono state in ogni caso almeno tre ed in casi particolari cinque.

Per quanto riguarda la microdurezza si è tentato previa standardizzazione di materiali noti di individuare i valori di essa sui i vari tipi di campioni. Dopo vari tentativi si è dovuto constatare che i risultati hanno un’estremamente scarsa attendibilità, soprattutto per l’elevata porosità. In effetti l’impronta ottenuta al microdurimento secondo il metodo Vickers si presenta dai contorni spesso non definiti o per cedimenti di pareti di pori sottostanti o per la presenza di cristalli relitti della cottura o con valori delle diagonali dell’impronta talmente diversi fra loro da rendere inattendibile la media di essi, da introdurre nel calcolo della durezza. Nessun miglioramento si è notato variando il carico applicato al durimento per ottenere un’impronta o più superficiale o più profonda. Gli stessi problemi si sono presentati con la determinazione secondo il metodo di Knoop.

Per la traslucidità si è fatta un’ampia ricerca sui metodi standard. Questi metodi prevedono un’illuminazione standard in apposita camera nella quale ubicare il campione, con caratteristiche geometriche non corrispondenti a quelle medie dei campioni a disposizione. Nel nostro caso si sono rilevati di applicazione estremamente costosa e complessa.

Si è tentato di procedere con un metodo per paragone con materiali commerciali. Si sono foggiate per collaggio delle piastrine di porcellana di Limoges M 10 di spessore diverso da 1 a 6 mm. Anche in questo caso sia per la forma complessa dei reperti sia per difetto intrinseco del metodo si è optato per una soluzione diversa. Si è scelta la determinazione colorimetrica con le apparecchiature in commercio, avendo cura di scegliere quella che richiedesse la minima superficie e consentisse la determinazione delle coordinate cromatiche nei vari sistemi su materiali ceramici con superfici complesse. Per questi motivi si è optato per il micro color del Lange, di uso semplice anche nel caso di superfici geometricamente molto diverse tra loro ed irregolari nella curvatura. Come standard di riferimento si è assunto il tradizionale: il solfato di bario. Inoltre l’apparecchio scelto consente misure sul posto, eventualmente per reperti musealizzati, essendo dotato di strumentazione portatile con ampia possibilità di memorizzazione di standard s e di misure effettuate. Lo scopo è anche quello di trovare una correlazione fra la composizione chimica o mineralogica dei reperti e le loro caratteristiche cromatiche. Le indagini di carattere chimico-fisico, quali analisi diffrattometriche medianti raggi X, ed in microscopia ottica ed elettronica, sono state effettuate dal gruppo di docenti e collaboratori del Dipartimento di Scienze dei Materiali e della Produzione dell?Università degli Studi di Napoli, con il quale è stata stipulata apposita convenzione.

LE FONTI DI INFORMAZIONE

I documenti originali relativi alla fabbricazione della porcellana di Capodimonte sono in gran parte perduti. Quelli dell’archivio interno della manifattura, di gran lunga i più interessanti ai fini della nostra ricerca, furono trasportati a Madrid, allorché Carlo di Borbone divenuto re di Spagna, nel 1759 decise di chiudere la fabbrica di Capodimonte e di ricostruirla in Spagna. Ivi essi furono distrutti in seguito all’incendio scoppiato nel 18112 nella nuova fabbrica di Buen Ritiro durante la guerra franco-spagnola.

Migliore sorte non è toccata ad altri documenti; in particolare quelli periferici relativi al carteggio tra il re e lo staff del suo governo con i fornitori delle materie prime. Anch’essi furono distrutti, durante il secondo conflitto mondiale, da un incendio provocato dalle truppe tedesche nel settembre del 1943 ad una villa di San Paolo Belsito (Napoli) dove erano stati trasferiti insieme ad altri documenti dell’archivio di Stato di Napoli. Fortunatamente questi ultimi erano stati oggetto di un meticoloso e paziente lavoro di ricognizione da parte dello storico Camillo Minieri Riccio ed il chimico ceramista Giuseppe Novi. Come risultato del loro meritorio lavoro, essi pubblicarono nel 1878 rispettivamente quattro e due memorie negli Atti dell’Accademia Pontaniana. Quelle del Minieri Riccio sono ricchissime di notizie utili per la ricostruzione delle vicende non solo della manifattura di Capodimonte, ma anche quella ferdinandea di Napoli. Nelle due memorie di Novi vengono prese in esame, dal punto di vista merceologico e tecnologico, tutte le notizie relative alla lavorazione della porcellana in Napoli a partire da quella di Capodimonte fino a quelle meno famose dei suoi tempi.

Gli altri studiosi che hanno scritto sull’argomento prima del 1943, pur avendo a disposizione gli stessi documenti non aggiungono molto di più a quanto riportato dai primi due. Partendo da presupposti diversi, preziosi contributi ai fini della nostra ricerca ci provengono da parte di Di Pietro D’Onofri (1789) e da Orazio Rebuffat (1905).

D’Onofri ha tracciato la prima storia della porcellana di Capodimonte. Egli essendo figlio di un generale di Carlo di Borbone, era introdotto nella corte sia di Napoli che di Madrid, e quindi ha potuto riferire preziose e numerose notizie apprese oralmente, alcune molto interessanti.

Rebuffat, professore di chimica applicata all’Università di Napoli, è l’autore dell’unica analisi della composizione chimica della nostra porcellana di cui disponiamo i dati.

Ultimamente sono stati portati alla luce nuovi documenti originali, soprattutto ad opera di Francesco Stazzi (1972), Francesco Strazzullo (1979) e Silvana Musella Guida (1983, 1986). Essi hanno contribuito anche con i loro studi ad arricchire il quadro delle conoscenze che abbiamo attualmente in merito alle vicende di manifattura.

A tale riguardo resta sempre una fondamentale l’opera di Minieri Riccio. Tuttavia, essa è pur sempre una documentazione di seconda mano, per cui al fine di un suo uso proficuo è opportuno stendere alcune righe supplementari. Molte furono le difficoltà che lo storico, non esperto di ceramica, dovette affrontare nella decifrazione degli undici fasci di manoscritti che si trovò ad avere a disposizione. Per tale ragione le informazioni, soprattutto quelle inerenti alla nostra ricerca, sono state riportate in maniera frammentaria, acritica e spesso contraddittoria. Non mancano errori ed imprecisioni connessi per lo più nella trascrizione dei documenti. Alcuni di essi sono stati messi in evidenza dalla letteratura specialistica; altri sono abbastanza banali come quello di riferire fatti avvenuti con la data del 31 giugno. Quelle ritenute più opinabili tra i lavori di Minieri Riccio e ripresi da Stazzi sono:

  • nel febbraio 1744 arrivo a Capodimonte un solo carico di tarso da un unico luogo della Calabria e non da due, come una lettura non attenta del testo lascerebbe intendere (Minieri Riccio pp. 27-28 e Stazzi 1972 pp. 55-57);

  • l’esclusione di Livio Schepers da Capodimonte non avvenne il 26 luglio (domenica), ma il 26 agosto 1744, visto che come risulta dallo stesso Minieri Riccio egli fino a quest’ultima data era presente in fabbrica. (Minieri Riccio 1878 p. 45 e pp. 127-129);

  • l’ora delle ventitre e trenta, indicata come termine della giornata lavorativa, ha suscitato più di un commento sulla durezza dell’orario di lavoro a Capodimonte. In realtà quest’ora corrisponde alle diciassette e trenta del nostro sistema orario;

  • non fu Gaetano Schepers, ma Gaetano Fumo ad opporsi all’ammissione in fabbrica di un intagliatore, essendo egli il padre dei sei fratelli che già lavoravano nella fabbrica come intagliatori. Si arrovellò alquanto Stazzi a cercare i sei figli che Minieri lascia intendere erroneamente di Schepers, non risultando essi nello stesso stato di famiglia di quest’ultimo. (minieri Riccio p.49 – Stazzi 1972 p.128-131).

RICERCA BIBLIOGRAFICA DA RIVISTE E TESTI SPECIALIZZATI

È stata eseguita una ricerca capillare ed approfondita tra la letteratura specializzata alfine di reperire informazioni il più attendibili possibile su risultati analitici, sulle materie prime, su elementi caratteristici sia della della porcellana d’epoca di Capodimonte che sulle altre, in particolare quella cinese e su metodologie analitiche studiate ed in qualche caso sperimentate. Inoltre è stato approntato un archivio dal quale è possibile evincere gli argomenti trattati e gli estremi della rivista originaria.

CATALOGAZIONE DEI REPERTI

È stata elaborata una scheda di identificazione nella quale sono riportati in modo conciso e preciso tutti gli aspetti che permettono di risalire alla natura dell’oggetto di appartenenza, alla sua forma originaria ed alla sua destinazione d’uso. Un’attenta osservazione di ciascun reperto è stata fatta al fine di ipotizzare, in maniera ragionevole, la tecnica di foggiatura usata. Sono stati rilevati segni significativi, quali impronte, qualche marchio e, qualora vi fosse la presenza di rivestimento, rilevarne difetti. Tutto ciò ha permesso una connotazione di ciascun reperto che, arricchita da indagini preliminari di ordine fisico, quale determinazione della densità e della porosità apparente, ha permesso di avere una prima sommaria idea della sistematica operativa utilizzata all’epoca e formulare una selezione mirata dei reperti tra cui scegliere, previa autorizzazione degli organi competenti, un numero ristretto di campioni sui quali eseguire indagini più circostanziate. Tali indagini sono state sia di ordine fisico che chimico, sia distruttive che non. I risultati che raggiunti nelle varie prove trovano collocazione nella scheda di catalogazione del reperto a cui si riferiscono. Le tecniche di foggiatura più utilizzate risultano essere quelle per calibratura, tornitura e stampaggio, la qualcosa è in accordo con le disponibilità operative del tempo e con la loro destinazione d’uso. C’è da rilevare che i reperti dotati di rivestimento, di marchio e di particolari decori sono alquanto rari, la qualcosa si spiega col fatto che sono oggetti di scarto. Un’altra considerazione interessante che è possibile fare riguarda il metodo di cottura utilizzato: alcuni reperti mostrano chiari segni di sovra cottura, mentre in generale si denota una cottura in atmosfera ossidante; altri reperti evidenziano una accentuata stratificazione con presenza di caratteristiche “sbollature”. Ciò è ragionevole attribuirlo ad un sensibile sviluppo di masse gassose in sede di cottura legato presumibilmente alla composizione dell’impasto. Tutti i reperti catalogati sono stati fotografati evidenziandone le parti più rappresentative con opportuni ingrandimenti. Lo scopo di questa operazione è stato quello di agevolare l’identificazione dei reperti stessi in quanto si hanno possibilità più agevoli per il raffronto con oggetti dell’epoca in possesso della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli.

DETERMINAZIONE DELLA DENSITÀ E DELLA POROSITÀ APPARENTE

La prima indagine di natura fisica non distruttiva realizzata è stata la determinazione della densità e della porosità apparente. Una volta in possesso di questi dati si sono preparati degli istogrammi statistici, sia generali che circostanziati al sistema di foggiatura, che hanno consentito di fare una prima cernita, al fine di individuare i reperti da cui prelevare campioni da sottoporre ad indagini distruttive, sia di natura chimica che di natura fisica. Sono stati preparati istogrammi da cui è possibile rilevare le frequenze dei valori di densità apparente. Gli istogrammi sono stati eseguiti prima su tutti i reperti indipendentemente dalla tecnica di foggiatura e poi singolarmente per i reperti foggiati a tornio ed a calibro. Per i reperti foggiati per stampaggio l’istogramma non è stato eseguito data loro limitatezza di numero. Inoltre il campo delle densità apparente è stato sia in un intervallo di valori più ampio che più ristretto.

PRELIEVO DI CAMPIONI PER ANALISI CHIMICHE E FISICHE

Alla luce delle indagini effettuate, il gruppo di ricerca ha richiesto alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli, l’autorizzazione prelevare campioni dai reperti ritenuti significativi. Tale richiesta è finalizzata alla possibilità di eseguire indagini più accurate. Le indagini previste sono:

Determinazione della densità reale;

Determinazione della porosità reale;

Analisi qualitativa e semiquantitativa ai raggi X;

Analisi qualitativa e semiquantitativa con la sonda elettronica;

Analisi quantitativa all’assorbimento atomico con fornetto di grafite;

Indagine al micro color.

In tabella è riportato l’elenco dei reperti per i quali è stata richiesta l’autorizzazione a prelevare campioni e l’elenco dei campioni inviati all’Università.

DETERMINAZIONE DELLA DENSITÀ REALE DI PRODOTTI CERAMICI IN ACCORDO ALLA NORMA TLC. 8941 DELLA D.D.R.

I valori della densità reale riscontrati sono riportati in tabella.

DETERMINAZIONE DELLA POROSITÀ TOTALE

Tali valori sono riportati in tabella

DETERMINAZIONE DEL CAMPO CROMATICO

Tale indagine è stata eseguita al micro color Lange. Attraverso tale indagine sono stati rilevati dati inerenti alla caratterizzazione del campo cromatico dei reperti in esame. Essi sono riportati attraverso tre sistemi di misura diversi. In particolare per i valori delle coordinate cromatiche è stato fatto un raffronto tra i campioni suddivisi per sistema di foggiatura oltre che ad un raffronto generale.

ANALISI CHIMICHE DEI REPERTI

La composizione chimica della porcellana borbonica è stata oggetto di indagine già in passato, prima tra tutte quella effettuata da Rebuffat nel 1905, su alcuni oggetti prodotti nella Real Fabbrica di Capodimonte. Tuttavia svariati motivi giustificano la ricerca chimica effettuata sui reperti di Capodimonte. Innanzitutto la loro morfologia ed il sito di ritrovamento li qualifica inequivocabilmente come scarti di produzione. La loro composizione poteva quindi risultare identica a quella degli oggetti destinati alla vendita ed esaminati da Rebuffat ed altri, oppure più o meno marcatamente diversi. Nel primo caso si sarebbe addivenuti alla conclusione che la loro origine è legata a comuni difetti di produzione delle porcellane, oppure a prove di cottura, se quest’ultima ipotesi fosse stata confermata dagli esami tecnologici e microstrutturali. Nel secondo caso si sarebbe ipotizzato che sono il risultato di prove eseguite per la messa a punto degli impasti. Il notevole numero dei reperti dava la possibilità di formare una campionatura selezionata in base alle tecniche di foggiatura. Cosicché dall’esame dei risultati analitici si sarebbero potuti individuare le eventuali correlazioni tra composizione chimica e tecniche di fabbricazione in uso all’epoca. Infine estendendo l’analisi ad un numero più ampio di costituenti ed in particolare a quelli minori, si sarebbero ottenuti indizi sulla provenienza delle materie prime, integrando così i risultati delle ricerche documentali.

SVILUPPI DEGLI ESAMI CHIMICI

Sui campioni prelevati da 21 reperti sono state determinate le percentuali dei seguenti componenti: SiO2, Al2O3, CaO, Na2O, K2O, MgO, Fe2O3, MnO, SnO2, NiO, BaO. Di questi la silice è stata analizzata per via ponderale, tutti gli altri componenti mediante spettrofotometria di assorbimento atomico o di fiamma in emissione. La fase preliminare di disgregazione della porcellana è stata realizzata sia con tecniche di fusione a secco, sia mediante decomposizione a umido con acido fluoridrico.

DETERMINAZIONI STRUMENTALI

Per le misure spettrofotometriche è stato usato la seguente strumentazione: assorbimento atomico marca Hitachi ad effetto Zeeman con correzione del fondo completo di atomizzatore elettronico ed auto campionatore; assorbimento atomico marca Varian, Spectra A.A. 20 Plus.

Per compensare gli effetti matrice sono stati preparati standards aventi la stessa composizione media presunta dei campioni e contenenti, di volta in volta, variabili degli analiti preparati allo stesso modo, escludendo però gli analiti della loro composizione. Per la porcellana d’epoca si è assunta la seguente composizione media:

PbO, SnO2, TiO2, MnO, NiO, BaO

La soluzione di silice occorrente per produrre la matrice è stata ottenuta dalla disgregazione dello standard balido B.C.S.-C.R.L. n. 313/1, avente purezza certificata 99,87%. La composizione di questi standard risulta essere:

British Chemical Standard 313/1

Per gli altri elementi sono stati usati standard per assorbimento atomico delle marche: Baker, C. Erba e BDH, aventi concentrazione 1000 ppm di ciascun elemento. Questi standard sono stati diluiti prima dell’uso, secondo le esigenze dei prelievi.

DETERMINAZIONE DEL PIOMBO E DELLO STAGNO

Sono state impiegate le soluzioni cloridriche risultanti dalla disgregazione con NaOH portate al volume finale di 500 ml con HCl 0.1 N. Gli standards ed il bianco sono stati preparati con la procedura riportata di seguito:

soluzione concentrata di silice:

256,5 mg dello standard solido indicato sonostati fusi con NaOH, applicando la stessa procedura seguita per i campioni. La soluzione è stata portata al volume finale di 500 ml, cosicché la concentrazione di SiO2 è risultata 512 mg/l.

Bianco:

Il bianco è stato preparato utilizzando: la soluzione concentrata di silice (512mg/l), gli standards per assorbimento atomico degli altri composti e riportati qui di seguito:

SiO2 mg/l: 164,0

Al “ : 8,50

Fe “ : 0,70

Mg “ : 0,48

K “ : 5,00

Na “ : 4,50

Ca “ : 3,50

Bario e Nickel sono stati esclusi dalla composizione del bianco perché ad una letteratura preliminare dei campioni sono stati riscontrate risposte strumentali praticamente nulle per tutte e due gli elementi. Anche Titanio e Manganese sono stati esclusi dal bianco in quanto presenti nella porcellana in ammontare assai più piccolo degli altri costituenti, la loro influenza sull’effetto complessivo della matrice è stato ritenuto perciò trascurabile. Queste considerazioni valgono anche per gli altri bianchi e standards di misura.

Standards:

La preparazione e la composizione degli standards non differiscono da quelle del bianco, tranne che per le aggiunte di quantità variabili di piombo e stagno. In particolare, per coprire l’intervallo analitico, sono state preparate due serie di 5 standards aventi ciascuno i seguenti intervalli di concentrazione:

1^ serie Pb (mg/l): da 0,05 a 0,20

a bassa conc. Sn (mg/l): da 0,15 a 0,60

2^ serie Pb (mg/l): da 0,30 a 1,00

ad alta conc. Sn (mg/l): da 0,70 a 1,25

Misure:

Le misure sono state eseguite in assorbimento atomico.

La prima serie di standards è stata usata per le misure dei campioni a concentrazione più bassa. Gli altri campioni, la seconda serie di standards ed il bianco, sono stati diluiti nello stesso supporto, per rientrare nell’intervallo di linearità strumentale. I campioni n. 54 n. 424, che contengono quantità di piombo e stagno molto più elevate rispetto agli altri, sono stati diluiti ulteriormente, senza rispettare lo stesso rapporto per il bianco e gli standards. I risultati delle misure espressi in % in peso degli ossidi, sono riportati in tabella.

DETERMINAZIONE DI: Fe, Mn, Ti, Al, Ca, Mg, Na, K

Questi elementi sono stati determinati sulle soluzioni nitriche risultanti dalle disgregazioni con tetraborato di Litio. I bianchi sono stati preparati da una soluzione conc. Di silice e dagli standards per A.A. degli altri elementi, esclusi gli analiti. Sono riportate di seguito le indicazioni relative alle composizioni delle soluzioni che sono state preparate per le analisi. Da rilevare che considerati i modesti tenori di piombo e stagno riscontrati sui campioni, questi due elementi sono stati esclusi dalle composizioni dei bianchi e degli standards, al pari di Ba, Ni, Ti, Mn, di cui si è detto in precedenza. Gli ultimi due elementi sono stati aperti solo agli standards relativi alla loro misura.

Soluzione conc. di silice

519,1 mg di silice standard (BCS-C.R.L. N. 313/1) sono stati fusi con tetraborato di litio, applicando la stessa procedura seguita per i campioni. La soluzione è stata portata al volume finale di 1000 ml con HNO3 0,1 N, cosicché la conc. di SiO2è risultata 518 mg/l.

Composizione del bianco utilizzato per le misure di Fe, Mn, Ti

SiO2 mg/l: 164,0

Al “ : 8,50

Mg “ : 0,48

K “ : 5,00

Na “ : 4,50

Ca “ : 3,50

Intervallo di conc. degli standards utilizzati per le misure di Fe, Mn e Ti

Fe (mg/l) : da 0,40 a 1,00

Mn (mg/l): da 0,003 a 0.030

Ti (mg/l) : da 0,10 a 0,50

Composizione del bianco utilizzato per le misure di Al

SiO2 mg/l: 164,0

Fe “ : 0,70

Mg “ : 0,48

K “ : 5,00

Na “ : 4,50

Ca “ : 3,50

Intervallo di conc. degli standards utilizzati per le misure di Al

Al (mg/l) : da 0,50 a 10

Composizione del bianco usato per le misure del Na e del K

SiO2 mg/l: 164,0

Al “ : 8,50

Mg “ : 0,48

Ca “ : 3,50

Fe “ :0,70

Intervallo di conc. degli standards utilizzati per le misure del Na e K

Na (mg/l) : da 2,00 a 6,00

K (mg/l) : da 3,00 a 8,00

Ti (mg/l) : da 0,10 a 0,50

Composizione del bianco utilizzato per le misure del Ca e Mg

SiO2 mg/l: 164,0

Al “ : 8,50

Fe “ : 0,70

Mn “ : 4,50

K “ : 5,00

Intervallo di concentrazione degli standards utilizzati per le misure del Ca e del Mg

Ca (mg/l) : da 2,00 a 8,00

Mg (mg/l) : da 0,20 a 0,80

MISURE

A) Fe, Mn e Ti

Le misure sono state eseguite in assorbimento atomico. Il Mn è stato determinato senza diluizione. Le misure del Fe e del Ti sono state eseguite sui campioni, standards e bianco, diluiti negli stessi rapporti. I risultati, espressi in % sui loro rispettivi ossidi sono stati riportati in tabella. Parallelamente alle misure dei campioni, è stata effettuata un’analisi di controllo sullo standards solido di refrattario siliceo BCS n. 314, avente il seguente contenuto certificato di Fe Ti:

Fe2O3 mg/l : 0,53

TiO2 Mg/l : 0,13

Di seguito i risultati delle analisi

1^ det. 2^ det.

Fe2O3% : 0,535 0,534

TiO2 % : 0,189 0,186

B) Al

Le misure sono state eseguite in assorbimento atomico. I campioni, gli standards ed il bianco sono stati diluiti negli stessi rapporti. Per la lettura del campione n.54 il quale non rientra nell’intervallo di conc. prevista, dato il tenore basso di Al, è stato necessario diluire gli standards. Per mantenere inalterata la matrice queste diluizioni sono state effettuate con il bianco. I risultati delle misure espressi in % in peso dell’ossido sono riportati in tabella. Anche in questo caso è stata effettuata un’analisi di controllo sullo standard solido di felpato MBS 70/a, avente la composizione certificata:

SiO2% : 67,1

Al2O3% : 17,9

Fe2O3% : 0,075

TiO2% : 0,01

CaO% : 0,11

BaO% : 0,02

Na2O% : 2,55

K2O% : 11,80

Rb2O% : 0,06

Per la disgregazione e l’analisi del feldspato si è eseguita la stessa procedura usata per i campioni, con un’unica differenza: per rientrare nell’intervallo di conc. adatto alle letture, il feldspato è stato diluito con H2O bi distillata in q.tà maggiore rispetto agli standards. I risultati delle analisi:

1^ det. 2^ det.

Al2O3% : 18,12 18,02

Le differenze in meno rispetto al valore certificato sono da attribuire al diverso rapporto di diluizione del campione e degli standards.

C) Ca, Mg, Na K

Le misure del Ca e del Mg sono state effettuate in assorbimento atomico; Na e K in emissione. Affinché si rientrasse negli intervalli di linearità strumentale i campioni, gli standards e i bianchi sono stati diluiti negli stessi rapporti.

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