La porcellana nella storia: dalla Cina all’Europa

Delicata, preziosa e sonora al tocco, fine e di un biancore translucido, la porcellana ha sempre incuriosito e affascinato gli uomini.

Dalla Cina, la sua terra d’origine, arrivò in Europa diventando il mezzo d’espressione di un’arte sofisticata: costituendo un vero fenomeno sociale.

L’etimologia della parola porcellana è molto controversa. L’opinione più diffusa ne attribuisce l’origine alla parola “porcellana” che indica una conchiglia translucida e madreperlata, abbastanza comune nei mari caldi. Il primo testo europeo conosciuto che usa la parola “porcellana” è il giornale di bordo di Marco Polo che, nel 1295, dopo un soggiorno di 24 anni in Asia, aveva portato in Italia dei campioni di porcellana cinese. Egli chiama “porcellana” sia la terracotta cinese che le conchiglie che servivano come monete di scambio in alcune zone della Cina.

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In Cina abbonda il caolino, materiale base della porcellana. La parola caolino (gaolin tu) deriva da Gaoling (in cinese: alta cima), collina con importanti giacimenti di questa argilla, al nord di Jingdezhen.

Jingdezhen (antica King-to-tchen), nello Jiangxi, era già dal 1369 il centro della produzione ceramica imperiale. Fin dal secolo XVI, intorno a questa città, i cinesi organizzarono una produzione destinata all’esportazione.

L’altro materiale usato era una roccia pegmatica molto diffusa nel sud della Cina, chiamata dai cinesi “pétuntsé” (pietra di porcellana), i cui costituenti maggiori erano quarzo e sericite. Contrariamente a quanto riportato da molti in Occidente, il feldspato, come pure il caolino, vi erano presenti solo in piccole percentuali. La sericite, un’idromuscovite potassica, aveva proprietà plastiche come il caolino e fondenti come il feldspato.

Già durante le dinastie Shang e Zou (1600 – 220 a.C.), tali materiali venivano adoperati, separatamente, per comporre impasti ceramici che, una volta foggiati, venivano cotti alla temperatura (1000 – 1200° C) consentita dai forni dell’epoca.

I prodotti ceramici ottenuti dagli impasti più refrattari di caolino erano bianchi ma molto porosi (terraglie); mentre quelli ottenuti dal “pétuntsé”, più fusibile, possedevano un corpo denso e, parzialmente, translucido, tanto da essere considerati dagli studiosi delle “proto-porcellane”. Il loro colore era grigio-verde o bruno per l’eccessiva presenza di ossidi di ferro e di titanio.

Con la costruzione di forni capaci di raggiungere una temperatura di 1250 – 1350° C, durante la dinastia Han (25 – 250 d.C ), si riuscì a produrre una vera porcellana, ma il suo colore restava grigio-verde o giallo.

La produzione delle prime porcellane bianche avvenne durante le dinastie Qi e Sui (556 – 618 d.C.) nel nord della Cina, dove all’epoca dei Tang e dei Sang (618 – 1279 d.C.), impiegando come materiale di base caolino misto a feldspato e/o a un minerale calcico-magnesiaco, si riusciva a mettere in opera porcellana candida come la neve. Porcellane bianche furono prodotte in questo periodo anche in altre regioni; ma soprattutto nel sud prevaleva la produzione di porcellane di alta qualità con coperta verde, data la difficoltà di ottenere “pétuntsé” esente da ferro. Intanto erano stati compiuti grandi progressi nella preparazione e nella applicazione di coperte e di colori. Un passo decisivo verso l’ottimazione e lo sviluppo della produzione della porcellana fu compiuto durante la dinastia Yan (1279 – 1368 d.C.), allorché a Jingdezhen, l’impasto fu preparato mescolando caolino e “pétuntsé”.

Lo scheletro di cristalli aghiformi di mullite che si formavano dal caolino (le ossa) durante le ultime fasi della cottura sostenendo la fase vetrosa formatasi dal “pétuntsé” (la carne), fece ridurre drasticamente le perdite che si avevano cocendo impasti senza o con scarsa quantità di caolino. L’aggiunta di caolino, più facilmente ottenibile, esente da ferro e la cottura in atmosfera riducente, portarono inoltre, alla produzione di porcellane dalla pasta compatta e perfettamente bianca.

Sotto le dinastie successive la porcellana si perfezionò e diventò l’espressione di un’arte ufficiale e privilegiata, molto apprezzata dall’imperatore e dall’élite del paese.

Il commercio introdusse la porcellana cinese in Europa: veniva venduta correntemente sulle coste del Mediterraneo fin dal XII secolo. Circondata dal mistero della fabbricazione essa fu molto apprezzata nelle corti europee dove si diffuse nel XIV secolo, spesso ornata di bronzi o di oreficerie. Questo alone di mistero proveniva soprattutto dal fatto che i lavoratori di maiolica europei erano incapaci di ottenere il biancore e la translucidità che la caratterizzavano. Gli scienziati europei, appassionati di alchimia, erano affascinati da questo fenomeno a tal punto che si arrivò ad attribuire alla porcellana qualità magiche: “… i turchi bevono l’acqua in una specie di vaso…perché si crede che un cambiamento della sua trasparenza indicherebbe la presenza del veleno”, scrive nel 1600 Simon Simonius, primo medico della corte di Boemia.

La produzione di porcellana cinese conosciuta dagli europei può essere così classificata:

  1. il genere “blu e bianco”, il più diffuso in Europa, già nell’epoca Yuan (1279 – 1398), è molto famoso nell’epoca Ming (1368 – 1644). La sua caratteristica è l’impiego di un blu cobalto, colore probabilmente importato dall’Iran, posto sulla porcellana prima della “coperta” (vernice trasparente). Alla fine dell’epoca Ming, la produzione “blue bianco” fu soprattutto orientata verso l’esportazione;

  2. il genere “rosa”, (terminologia di A. Jacquemart), apparso sotto il regno di Yongzheng (1723 – 1735), fu caratterizzato dall’impiego di uno smalto rosa porpora derivato dal cloruro d’oro.

Nel campo delle “coperte” bisogna notare la produzione molto raffinata dei “céladons”, verde pallido, di origine Tang (620 – 900) che ebbe un brillante periodo sotto i Qing. All’epoca di Kangxi (1622 – 1722) risalgono delle “coperte” a “gran fuoco” come il “sangue di bue” che gli europei hanno sempre cercato di imitare. I “bianchi di Cina”, vernici incolore applicate su statuette non colorate, costituirono una produzione importante di Jingdezhen. I rapporti con l’Europa si intensificarono a partire dal XVI secolo, con l’arrivo dei mercanti portoghesi e delle missioni gesuite. I portoghesi commercializzarono i prodotti delle Indie orientali in Europa: fu di moda ordinare in Cina dei servizi o altri pezzi di cui si fornivano i modelli decorativi. Nel XVII secolo l’importanza commerciale della porcellana che veniva dall’estremo Oriente era notevole. Ecco alcuni esempi: nel 1664, 11 bastimenti olandesi provenienti dalle Indie orientali portarono 44.943 pezzi di porcellana dal Giappone, secondo il “Rapporto della Compagnia delle Indie Orientali riguardo allo stato degli affari nelle Indie”. Il Mercuri Galant di settembre del 1700 parla di una vendita a Nantes, per la Compagnia delle Indie, del carico dell’Amphytrite che comporta fra l’altro “167 casse di porcellana”. La ceramica, conosciuta in Giappone fin dal XIII secolo, si era affermata nel secolo XVI. La prima porcellana giapponese fu realizzata nel secondo anno dell’era Genna (1616). Fu opera di un ceramista coreano chiamato Ri Sampei, che la fabbricò vicino ad Arita (il caolino era stato scoperto nella parte alta del fiume Arita).

Il desiderio di porre fine ad una costosa importazione straniera spinse gli Stati e le Signorie locali d’Europa a promuovere i tentativi di scoprire o di procurarsi il caolino indispensabile per la fabbricazione della vera porcellana (porcellana dura), o di produrre una pasta artificiale senza caolino (porcellana tenera) ma comunque simile a quella cinese.

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