La porcellana nella produzione: generalità

Dal punto di vista chimico la porcellana è costituita, essenzialmente, da silice, allumina e modesta quantità di ossidi di metalli alcalino-ferrosi. Tale composizione le deriva dai suoi tre principali e tradizionali costituenti: caolino (silicato idrato di alluminio); quarzo; feldspato (ortoclasio: silicato di alluminio e potassio). Ognuno di tali costituenti esplica una funzione fondamentale ai fini di quelle che saranno le caratteristiche chimiche, fisiche ed estetiche del manufatto finale. Occorre porre in rilievo il fatto che, per l’ottenimento di un manufatto di qualità, è indispensabile rispettare rigorosamente una logica sequenza di fasi operative che verranno qui di seguito elencate e per le quali vale la promessa, di carattere generale, che qualunque delle operazioni indicate poggia il suo motivo d’essere su consolidate cognizioni scientifiche, che se occorre sottolineare che la porcellana è ancora, a tutt’oggi, un interessante campo di ricerca suscettibile di ulteriori nuove sperimentazioni e traguardi.

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Per quanto concerne la preparazione degli impasti è importante ricordare come questa sia la fase fondamentale che ha il compito di omogeneizzare i componenti sopra citati.

Gli impasti vengono preparati nei laboratori che portano il nome di mulini, nel ricordo del tempo in cui le manifatture si stabilivano vicino ai fiumi che fornivano loro la forza motrice e l’acqua.

L’argilla indispensabile alla porcellana è il caolino che costituisce il 45% circa dell’impasto.

Il fascino che la porcellana esercita nei suoi amatori sta nella sua traslucentezza. Questa traslucentezza è dovuta in gran parte al quarzo ma anche ad un fondente, il “feldspato” che, in cottura, reagisce con il caolino ed il quarzo per formare la fase vetrosa. Quarzo, caolino e feldspato, frammentati grossolanamente in un primo momento, vengono poi lavorati da pesanti moli verticali di granito. I frammenti ottenuti hanno ciascuno la dimensione di un chicco di riso. L’insieme dei componenti della pasta viene allora pesato in frazioni di 500 kg e introdotto, con una quantità equivalente d’acqua in frantoi cilindrici contenenti ciottoli di mare.

Quando l’apparecchio è messo in rotazione, la caduta dei sassi gli uni sugli altri provoca il frantumarsi dei materiali, la cui sottigliezza dipende dalla durata dell’operazione. Questa è di circa 15/20 ore. Questo tipo di frantumazione ha rimpiazzato all’inizio del secolo gli antichi mulini a blocchi il cui principio si basava sullo sfregamento di moli di pietra trascinate su una pista anch’essa di pietra. Al termine della frantumazione il frantoio è svuotato in un serbatoio nel quale il composto chiamato “barbottina” è agitato lentamente in modo da evitare la sedimentazione dei composti più pesanti. Da qui esso è aspirato e setacciato su di un telo metallico la cui apertura di maglia è di 60 micron. Al di sopra del setaccio si trova una serie di calamite, sulle quali circola la barbottina.

Esse hanno il ruolo di fissare tutte le particelle ferrose che vi si trovano. La più piccola particella di ferro provoca immancabilmente alla cottura una macchia oscura dal riflesso metallico. Queste macchie esistono da quando esiste la porcellana, e bisogna rassegnarsi a scartare almeno il 3% della produzione per questi difetti che compaiono solamente dopo la cottura. La barbottina così frantumata, setacciata e purificata, viene indotta sotto pressione negli alveoli della filtro-pressa. Queste cellule, che possono contenere dai 5 ai 15 grammi di pasta secondo le dimensioni, sono rivestite da teli filtranti. Quando l’acqua, carica di pasta di porcellana, è compressa contro la tela, le materie dure si accumulano nella cellula e l’acqua scorre. Più lo strato di pasta è spesso, più la pressione deve essere alta in modo da fare scorrere l’acqua. Così la pressione può essere alzata fino a 10 o 15 kg/cm2 in modo che la pasta raggiunga la voluta consistenza. La filtro-pressa viene aperta; le forme di pasta contenenti ancora circa il 30% di acqua vengono impastate da una macchina in modo da renderle più omogenee. Dopo questa operazione le forme di pasta vengono riposte in una cantina. Basta in seguito impastare per un po’ la pasta e passarla nella “degasatrice” – macchina che estrae le bolle d’aria – affinché la pasta sia pronta per essere utilizzata.

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