Reperti di scavo della Real Fabbrica della porcellana di Capodimonte

Nel corso degli anni Cinquanta, durante i lavori di ristrutturazione dell’antico edificio sede della fabbrica delle porcellane, nel bosco di Capodimonte, furono rinvenuti dall’allora Soprintendenza ai Monumenti in alcuni pozzi di scarico posti nelle immediate vicinanze dell’edificio circa 2.000 frammenti di porcellana, frammentati o di scarto. Sono proprio questi frammenti, sino ad oggi poco o saltuariamente studiati, ad avere offerto lo spunto per un lavoro di ricerca interdisciplinare promosso dall’ Istituto Caselli che, in collaborazione con la Sopraintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli, ha varato uno studio sistematico volto all’individuazione dei materiali e dei procedimenti che si utilizzavano nell’antica fabbrica carolina per ottenere l’impasto della porcellana.

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Essi costituiscono infatti un potenziale serbatoio, ancora quasi del tutto inesplorato, per lo studio della manifattura di Capodimonte.

Gli oggetti scartati e gettati via perché deformatisi nella cottura, o crepati, o non ben cotti, possono infatti costituire un reperto di prima mano da analizzare per ricostruire i procedimenti tecnici, con cui gli oggetti stessi venivano realizzati, e la materia prima di cui erano composti. In occasione del duecento cinquantesimo anniversario di fondazione della manifattura di porcellane voluta da Carlo di Borbone per sottolineare con il dovuto rilievo l’importanza e l’originalità dello studio promosso dall’Istituto Caselli, la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli ha voluto prestare ed esporre nell’antico “Cellaio” del Bosco di Capodimonte, recentemente restaurato, alcuni fra i più significativi frammenti che sono stati esaminati nel corso della ricerca.

Si tratta di oggetti biscottati, scartati cioè prima della decorazione pittorica e della invetriatura perché difettosi e dunque gettati nei pozzi di scarico dagli antichi operai della manifattura.

Giunti così attraverso il fortuito ritrovamento degli anni ’50 sino a noi, questi frammenti costituiscono un grande ampliamento delle conoscenze sulla fabbrica delle porcellane di Capodimonte.

Infatti in questa manifattura dove, a voler prestare fede ai documenti pubblicati nel 1878 da Camillo Minieri Riccio, i problemi tecnici legati dapprima alla realizzazione dell’impasto della porcellana, poi alla fattura ed alla cottura degli oggetti furono costanti (tanto che nel gennaio del 1744, ad esempio si realizzarono 3.359 pezzi biscottati e solo 151 verniciati), lo studio e l’analisi sistematica proprio dei pezzi di scarto, che evidentemente dovevano essere numerosi, consente di acquisire molti ulteriori elementi di conoscenza.

Così, mentre lo studio chimico e fisico sui frammenti ha fornito nuovi dati sulle materie prime e sui procedimenti utilizzati per ottenere la porcellana a Capodimonte, anche l’analisi formale degli scarti di fabbrica ha contribuito ad un avanzamento sulle conoscenze della manifattura. Infatti i frammenti recuperati seppur spesso parziali o assai deformati della cottura, se confrontati con le forme di oggetti già noti possono attestare la fortuna e la diffusione di una tipologia, o – dato forse ancora più interessante – individuare forme nuove o sino ad oggi sconosciute così, da ampliare e precisare la mappa degli oggetti che fabbricavano a Capodimonte.

Nella selezione e nella scelta dei pezzi da esporre si è privilegiato così da un lato l’aspetto tecnico, scegliendo dei frammenti deformatisi durante la cottura, dall’altro – soprattutto – proprio quello formale, così da evidenziare la presenza di modelli e di tipologie già noti attraverso esemplari “ben riusciti”, conservati nei musei o nelle collezioni private, o sconosciuti fino ad oggi.

Così, per citare degli esempi, sono presenti numerosi frammenti di tazze o piattini con fiori di pruno in rilievo simili alle tazze con l’interno dorato del Museo Duca di Martina, ad attestare la fortuna di questo modello direttamente ispirato ai prototipi cinesi e accanto ad essi un raro frammento con fiori di matrice occidentale, una tipologia questa piuttosto insolita nella manifattura. Numerosi frammenti di tabacchiere, liscie, canestraie, rigate, “inzegrinate”, “a faccette a segni quadri”, così come sono descritte nei documenti coevi, sottolineano la diffusione ed il successo che questi piccoli oggetti dovettero godere, essendo forse più facilmente commerciabili di altri all’interno della “bottega di vendita”.

D’altro canto alcuni esemplari decorati con fregi, intagli o volute in rilievo ci restituiscono in parte l’attività di un settore della fabbrica (quello della “Camera degli Intagli” sulla quale erano attivi personaggi come Ambrogio di Giorgio o Gaetano Fumo) sino ad oggi noto attraverso pochi sebbene splendidi esemplari realizzati appunto “ad intaglio” come la tazza a lambrequins pubblicata dallo Strazzi, o il pomo di bastone bianco del Museo Duca di Martina.

Dunque la presenza fra gli scarti ritrovati nei pressi della Fabbrica di numerose tazze intagliate identiche a quella appena menzionata o di vasi con fregi e volute dai disegni sino ad ora ignoti testimoniano una attività poco documentata dai pezzi noti. Pressoché assenti fra i frammenti rinvenuti le statuine o gruppi plastici di dimensioni ridotte, pure così largamente rappresentati nella produzione nota della manifattura carolina, sono stati esposti invece dei frammenti di notevole interesse provenienti da gruppi di grandi dimensioni e risalenti a modelli sino ad oggi sconosciuti. Ed infine si propongono gli scarti di alcuni elementi di arredo, cornici o specchiere o modanature, accostabili ai prototipi conservati al museo di Capodimonte o prossime alle modanature del Salottino di Maria Amalia, ad oggetti cioè risalenti agli ultimi anni di attività della fabbrica di Capodimonte.

Ciò fornisce un elemento assai utile per la datazione dei frammenti ritrovati ed oggi in parte esposti, che non potranno essere considerati solo come “prove” risalenti ai primi anni della manifattura, ma piuttosto come scarti di fabbrica gettati nei pozzi di scarico durante l’intero arco di attività della manifattura.

Molti elementi di conoscenza potranno ancora emergere dallo studio degli scarti.

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