Nel 1771 il nuovo re di Napoli, Ferdinando IV, decise di continuare la tradizione paterna e di far sorgere una nuova fabbrica prima nel Parco della Reggia di Portici e poi nei giardini del Palazzo Reale. Furono eretti gli stabilimenti e assunti gli operai, alcuni dei quali avevano lavorato in precedenza per il Capodimonte.
Gli inizi non furono del tutto promettenti; la memoria della precedente manifattura era troppo viva nel ricordo del re e degli stessi artefici, e i primi modelli si ispirarono a un rococò ormai decisamente in ritardo sui tempi. La marca “FRM” sormontata da una corona, significa “Fabbrica Reale Ferdinandea” e fu usata fino a verso il 1787; successivamente fu adottata la “N” incoronata, in blu sotto coperta o impressa. Quando non si ispira a Capodimonte, questa prima produzione si mostra troppo legata ai modelli stranieri, tedeschi e francesi, che ripete con imprecisione ed era diffusamente lamentata la mancanza di originalità degli artefici.
Una svolta si ebbe nel 1780 con la direzione di Domenico Venuti; egli incoraggiò decisamente l’adozione dello stile neoclassico , scelta congeniale a una corte che aveva promosso e continuava a finanziare gli scavi di Pompei ed Ercolano. Il materiale che ne proveniva e gli innumerevoli disegni e incisioni eseguiti sul luogo degli scavi e largamente diffusi, contribuirono infatti al cambiamento di stile a livello europeo. La manifattura conquistò così una sua originalità interpretando in maniera raffinata il vasellame classico. I due servizi più rappresentativi furono chiamati “Ercolanese” e “Etrusco”.
“Ercolanese”, commissionato nel 1781 per farne dono al padre del re, Carlo di Spagna, si ispirava ai reperti di Ercolano, i cui motivi erano riprodotti al centro dei piatti e anche bisquit; il centrotavola rappresentava Carlo in atto di incoraggiare il figlio a proseguire gli scavi.
“L’Etrusco”, di 282 pezzi, fu invece donato a Giorgio III d’Inghilterra ed una parte si trova ancora nel castello di Windsor; il servizio ricalcava nelle forme e nelle decorazioni, il vasellame Greco e Italiota a figure rosse e nere. Altri servizi recano motivi arabescati a rilievo sulle teste, talora inframmezzati a cammei, paesaggi, costumi della regione.
Nel settore plastico furono prodotti gruppi con scene della vita di corte , in cui spesso compariva il re in persona, ed altri assai complessi di carattere mitologico, per lo più in biscuit ( la “Caduta dei Giganti”, il “ Laocoonte”, il “Ratto d’Europa”, “Pigmalione”, “Le Tre Grazie” di Canova). Più famose sono le “Panchine”, gruppi borghesi, famigliole con bambino o innamorati, seduti appunto su una panchina in vari atteggiamenti; questi gruppi rappresentano la nuova borghesia napoletana, ricca e ben vestita, e sono in genere vivacemente colorati. Meno attraenti quelli bianchi o in biscuit; interessanti anche i busti, su alta base rotonda o sagomata, le figurette di dame vestite in stile impero, o di Napoleone.
L’ascesa di Napoleone determinò il crollo della fabbrica. Nel 1807 Giuseppe Bonaparte, divenuto re di Napoli, la vendette ad una società francese. Nel 1815, quando Ferdinando tornò sul trono, la manifattura continuò una produzione di scarso interesse, fino alla chiusura definitiva nel 1835. I modelli furono acquistati dalla Ginori di Doccia.