JAPANESE CERAMIC ART IN MILAN 2016

INFO:

 Officine Saffi Via A.Saffi, 7 | 20123 Milano Tel. +39 02 36 68 56 96Fax +39 02 36 59 74 4

Artist: Yasuhisa Kohyama, Title: Suenomo, Grey/Black

Artist: Yasuhisa Kohyama, Title: Suenomo, Grey/Black

DAL 14 GENNAIO 2016 AL 31 MARZO 2016

La mostra offre uno spaccato sull’arte ceramica contemporanea giapponese presentando le opere di Keiji Ito, Yasuhisa Kohyama,Ken Mihara, Kazuhito Nagasawa e Shingo Takeuchi.

Fonte: QUI

MOSTRA ARTIST IN RESIDENCE – Ottobre 2015

INFO:

Milano, Officine Saffi (Via A. Saffi, 7)
1 ottobre – 30 ottobre 2015
Inaugurazione : 1 ottobre ore 18.30

Orari: dal lunedì al venerdì 10,00 -18,30. Sabato 11,00 – 18,00. Domenica su appuntamento.

Ingresso libero

Info per il pubblico
Tel.: +39 02 36 68 56 96
e-mail: [email protected]
www.officinesaffi.com

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Inaugura a Milano la mostra con le opere realizzate nel laboratorio di Officine Saffi dai vincitori della 58° edizione del Premio Faenza.
Ljubica Jocic Knezevic, Nero/Alessandro Neretti e Päivi Rintaniemi.

DETTAGLI

È il maggiore riconoscimento internazionale per chi lavora nella ceramica d’arte: istituito formalmente nel 1932, il Premio Faenza è un punto di riferimento su scala globale, cresciuto negli ultimi anni grazie al lavoro del MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. Un lavoro che si è recentemente amplificato nella collaborazione con Officine Saffi, l’unico spazio che a Milano tratta in modo esclusivo proprio la ceramica d’arte. Un rapporto che conduce, dal 1 al 30 ottobre 2015, alla mostra Artist in Residence: ad essere esposto è il frutto del periodo di residenza che i tre vincitori della 58esima edizione del premio (nel 2014) hanno passato nei laboratori milanesi.

In mostra i lavori di Päivi Rintaniemi (Finlandia, 1956), vincitrice nella sezione Over 40; di Nero, al secolo Alessandro Neretti (Italia, 1980), a cui è andato il riconoscimento nella sezione Under 40; e di Ljubica Jocić Knežević (Serbia, 1973), insignita del Premio CERSAIE, riservato a progetti che trattano in modo originale e innovativo l’elemento base della piastrella.

Nelle settimane di lavoro negli spazi di Officine Saffi i tre artisti hanno elaborato progetti inediti, partendo dal segno che contraddistingue i rispettivi percorsi creativi e che ha trovato riconoscimento da parte della giuria del Premio Faenza. Rintaniemi si muove nel solco di una sintesi poetica tra forme arcaiche e design minimalista: i suoi contenitori, quasi ampolle di natura uterina, spezzano la propria sinuosa e armonica presenza nello spazio con increspature dinamiche di grande forza espressiva.

Nero / Alessandro Neretti conduce un coerente percorso nel campo di quella che lui stesso definisce arte post-reale, affrontando un articolato processo che lo porta ad analizzare e visualizzare attraverso l’arte fenomeni socio-economici di portata locale e globale.Jocić Knežević rivolge invece la propria attenzione al controllo della forma e dei materiali, lavorando nel campo di un’astrazione che sembra alludere a elementi biodinamici, evoluti in soluzioni di raffinata eleganza.
Artist in Residence
Päivi Rintaniemi | Nero /Alessandro Neretti | Ljubica Jocić Knežević

Milano, Officine Saffi (Via A. Saffi, 7)
1 ottobre – 30 ottobre 2015
Inaugurazione : 1 ottobre ore 18.30

Orari: dal lunedì al venerdì 10,00 -18,30. Sabato 11,00 – 18,00. Domenica su appuntamento.

Ingresso libero

Info per il pubblico
Tel.: +39 02 36 68 56 96
e-mail: [email protected]
www.officinesaffi.com
UFFICIO STAMPA
CLP Relazioni Pubbliche

Francesco Sala – Tel. +39 02 36 755 700
e-mail: [email protected]
www.clponline.it
Comunicato stampa e immagini su www.clponline.it

Mostra di Federico Bonaldi: La magia del racconto

INFO:

Luogo: Musei Civici, Bassano del Grappa / Museo Civico della Ceramica, Nove
Tel: 0424.519901 – E-Mail info:[email protected]  

Sito web:www.museibassano.it

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Parliamo di ceramica, ma allontaniamo da noi l’immagine del servizio buono della mamma o la damina di porcellana nel tinello del nonno, i piatti popolari che squillano in una vecchia trattoria. Meglio accantonare qualsiasi stereotipo legato alla modellazione della terra.
Con Federico Bonaldi stiamo per entrare nella quarta dimensione della ceramica.

A prima vista stupiscono i suoi fantasiosi “cuchi”, ovvero i fischietti in terracotta dipinta. Al Museo della Ceramica di Nove ne arrivano in mostra più di duecento, l’uno diverso dall’altro, molti bizzarri, alcuni irriverenti, tutti coloratissimi e sorprendenti, ma sempre espressione di modi popolareschi che possono citare una secolare serie di precedenti.

La forte, autentica personalità artistica di Federico Bonaldi diventa realtà assolutamente evidente ai Civici Musei di Bassano del Grappa, mostrandolo artista capace di affrontare le estetiche dei movimenti artistici di avanguardia di primo Novecento e di rielaborarle in un linguaggio personale, travagliato dalle vicende dei decenni successivi.

Il secondo conflitto mondiale, la guerra fredda, il boom italiano, gli anni di piombo: tutte le ansie, le contraddizioni, le tensioni del secondo dopoguerra trovano espressione nelle opere proposte in questa prima, organica retrospettiva dedicata ad una figura di grande artista, ancor prima che ceramista.
Ecco allora i mostri, il lato oscuro dell’identità umana, nelle più varie dimensioni: caricature di un potere arrogante, motteggi ad una cultura vanagloriosa, sberleffi per una ricchezza stupida, esorcismi contro la prevaricazione. Al tempo stesso c’è spazio anche per i momenti di lirismo puro, riservati al mondo degli affetti intimi ed autentici, ai luoghi delle origini, delle radici familiari.

Riconoscimenti ufficiali sono stati conferiti a Bonaldi in quantità, come molti e importanti sono stati i tributi internazionali a lui dedicati: tre Biennali, decine di prestigiosi riconoscimenti, un Premio Cultura, e così pure la lista delle personali e delle collettive arriva fino ai giorni nostri, con la grande rassegna tuttora in corso alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Nel suo laboratorio creativo in riva al Brenta, nel cuore della sua Bassano, ha continuato a cercare forme sempre nuove, a seguire un suo filo di ricerca, considerando superfluo ciò che la critica e il mercato nel frattempo riconoscevano e richiedevano.
L’ “importante è conoscere se stessi, prima di tutto, ed essere sinceri senza tenere il giudizio degli altri. Bisogna essere onesti fino in fondo”. Per altro, il guardarsi dentro non significa per Bonaldi escludersi dal mondo. Lo testimoniano la passione politica e culturale, la diretta militanza in diverse situazioni.

Come un alchimista della conoscenza, Bonaldi si è incessantemente impegnato a amalgamare nelle sue creazioni gli elementi delle più disparate culture e tradizioni di cui era appassionato cultore: dai bestiari medievali alla Cabala ebraica, dalla mitologia andina alla religiosità barocca, dalle iconografie Pop alle immagini paleolitiche.
“Il linguaggio così elaborato – annota Giuliana Ericani – trova spazio nella grafica, come momento preliminare di progetto e consuntivo di sintesi e si materializza nella ceramica e nella scultura di grandi dimensioni o minuta come avviene nei fischietti”
A dare magia alle sue creature, si trattasse di piccoli cuchi o di grandi sculture in ceramica o di incisioni di traduzione remondiniana, contribuiva il baluginare della luce riflessa dentro la sua Fucina creativa dalle acque del Brenta.

Per questa retrospettiva, molto attesa, i curatori hanno scelto di accompagnare il visitatore dentro il processo creativo di Bonaldi.
La mostra si dipana lungo Le cinque Stanze della Creazione, ovvero in cinque sezioni che richiamano lo spirito del Laboratorio bonaldiano. In apertura la produzione iniziale, quella degli anni ’50 e ’60, che rielabora le lezioni dei maestri della Scuola d’Arte di Nove e dell’Accademia di Venezia. Fa seguito la seconda fase, quella del “lavoro felice” coincidente con la scelta di ignorare le dinamiche del mercato dell’arte, per ritirarsi in laboratorio dove lasciare libero spazio alla felicità creativa e dar voce al proprio universo di memorie, ricordi, emozioni, valori umani ed affettivi: La terza sezione è riservata alle Grandi sculture, dove la ceramica dimostra una valenza significativa, lontana da quella di semplice arte minore, capace di reggere il confronto con le opere create in pietra, marmo o bronzo. Un discorso a parte riguarda i Geroglifici – non sai se unità grafiche di un sistema alfabetico o sillabico o ideografico oppure simboli cabalistici – segni che appaiono come grafemi di una inesauribile ironia ma anche moniti da una dimensione arcaica, primitiva, ancestrale, se non addirittura limpidi giochi infantili. L’itinerario si chiude con la quinta ed ultima sezione riservata alle installazioni su pannelli, assemblaggi apparentemente casuali di tessere ceramiche create su suggestioni visive di volta in volta emerse dalla memoria, dalla cronaca, dalla emotività.

Complessivamente, a cura di Giuliana Ericani, Nico Stringa e Antonio Bonaldi, la mostra riunisce, da collezioni pubbliche e soprattutto private, oltre 130 sculture in ceramica datate tra il 1951 e il 2012 (esposte nella sede del Museo Civico di Piazza Garibaldi), oltre 50 fogli ed incisioni, esposte al Museo della Ceramica e della Stampa di Palazzo Sturm, oltre alla giocosa sequenza di 200 cuchi al Museo della Ceramica di Nove.

A Bassano e nel Bassanese la ceramica attinge alla grande tradizione documentata nelle straordinarie collezioni museali, ma è al tempo stesso fenomeno che sta cercando uno spazio nella contemporaneità, come ha magistralmente fatto Bonaldi. La sua retrospettiva, in ogni caso, diventa stimolo per approfondire la conoscenza di una tradizione almeno millenaria e per riflettere sulla sua attualità.

L’intera operazione è organizzata dal Comune di Bassano del Grappa – Assessorato alla Promozione del Territorio e alla Cultura – in collaborazione con il Comune di Nove, sotto il patrocinio della Regione Veneto e dell’AiCC Associazione Italiana Città della Ceramica.
Ha ottenuto il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno Ancona e della Fondazione AntonVeneta. Ha Costenaro Assicurazioni – Unipol Sai di Bassano del Grappa come lead partner e vede anche l’intervento di SAE di Cavallin & C. sistemi elettrici snc di Bassano del Grappa, e del Credito Cooperativo – Banca di Romano e Santa Caterina e Banca San Giorgio Quinto Valle Agno. di Distillerie Nardini di Bassano del Grappa.

Enti promotori:

Comune di Bassano del Grappa – Assessorato alla Promozione del Territorio e alla Cultura
Comune di Nove
Regione Veneto
AiCC – Associazione Italiana Città della Ceramica

Fonte: CLICCA QUI

SILVIA CELESTE CALCAGNO. Interno 8, La Fleur Coupée

Silvia Celeste Calcagno, Rose, 2015 (2)_0

MILANO | OFFICINE SAFFI

21 MAGGIO – 15 SETTEMBRE 2015

LA FOTOGRAFIA E IL VIDEO INCONTRANO LA CERAMICA

SILVIA CELESTE CALCAGNO IN MOSTRA A OFFICINE SAFFI

mostra a cura di Angela Madesani

Cinque opere realizzate negli ultimi due anni, tre delle quali inedite, accompagnate da un video originale. Evoluzione di un percorso creativo cross disciplinare che avvicina la ceramica alla fotografia e all’immagine in movimento, appropriandosi dello spazio espositivo con forza e delicatezza. Silvia Celeste Calcagno è in mostra alle Officine Saffi di Milano con INTERNO 8 La Fleur Coupée, a cura di Angela Madesani, dal 21 maggio al XX GIUGNO 2015.


Una pluralità di linguaggi quelli sperimentati dall’artista, ricondotti a unità secondo un processo di addizione costante. Silvia Celeste Calcagno è perfomer, protagonista unica del suo lavoro. Le performances vengono, quindi, documentate fotograficamente. Le fotografie così ottenute vengono trasferite dall’artista, secondo una particolare tecnica di cottura, su piccole tessere di ceramica, per comporre gruppi di esemplari unici, che possono essere letti come una sequenza, quasi si trattasse dei fotogrammi di un film, in cui le differenze tra un pezzo e l’altro sono minime.


Silvia Celeste Calcagno, che proprio alle Officine Saffi aveva esposto nel 2013 come finalista del Premio Faenza, trasforma il proprio vissuto in scintilla creativa, affrontando temi che mettono in contatto la sfera dell’intimità e quella dell’universalità. È così, ad esempio, che un semplice cambio di indirizzo innesca, in Interno 8, una riflessione sul concetto stesso di casa, sul rapporto osmotico con il luogo in cui si vive, sulle tensioni e contraddizioni della quotidianità.

Note biografiche

Silvia Celeste Calcagno è nata nel 1974 a Genova, dove ha studiato all’Accademia Ligustica di Belle Arti. Ha esposto in diverse personali e collettive, in Italia e all’estero: tra le mostre più significative quelle alla GNAM di Roma (2015), alla Fondazione Benetton di Treviso (2014), ai Musei Civici di Imola (2014 ) alla Saatchi Gallery di Londra (2014) e al Palazzo della Meridiana di Genova, tra gli ospiti della selezione ligure di artisti coinvolti nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011.

Il suo percorso nel mondo della ceramica l’ha portata a ottenere menzioni e riconoscimenti al Premio Faenza, al Danish Prize Ceramic Art e al Laguna Art Prize.

OS Project, Milano

OS Project comprende la Galleria di Arte Ceramica, Officine Saffi, che si propone di promuovere la ceramica nella sua forma più evoluta e raffinata, l’opera d’arte, sia di artisti emergenti che di affermati artisti italiani e stranieri. Il laboratorio, OS Lab, completo di forni, torni e tutta l’attrezzatura necessaria per la ceramica, che viene utilizzato per workshop e seminari tenuti da importanti artisti, e La Ceramica in Italia e nel Mondo, una rivista cosmopolita con uno sguardo sia alla ceramica tradizionale che contemporanea e all’arte in generale in tutte le sue forme ed espressioni.

FONTE: QUI

Info:

Tel.: +39 02 36 68 56 96

e-mail: [email protected]

www.officinesaffi.com

Milano, Officine Saffi (Via A. Saffi, 7)

21 maggio – 15 settembre 2015

Inaugurazione : 21 maggio ore 18.30

Orari: dal lunedì al venerdì 10,00 -18,30. Sabato 11,00 – 18,00. Domenica su appuntamento.

Ingresso libero

La ceramica prende forma

Info: 

Apertura 24 settembre ore 18.30 – via di Porta Tenaglia 1 Milano

Sito web: CLICCA QUI

ARTISTI:

Arturo Martini • Agenore Fabbri • Salvatore Fancello • Lucio Fontana •
Leoncillo Leonardi • Fausto Melotti • Nanni Valentini

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Giovedì 24 settembre alle ore 18.30 si aprirà nella sede di Montrasio Arte in via di Porta Tenaglia 1 la rassegna a cura di Ruggero Montrasio “La ceramica prende forma”, dedicata ai grandi interpreti della ceramica italiana del XX secolo. In mostra opere scelte di Arturo Martini, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Leoncillo Leonardi, Salvatore Fancello, Agenore Fabbri, Nanni Valentini.

Le opere in mostra sono significative dei caratteri propri ai vari artisti e dell’evoluzione della loro poetica in relazione con singolari potenti innovazioni nel linguaggio della scultura. Considerano le stagioni dell’arte italiana dal clima novecentista di Martini alle espressioni indipendenti di Leoncillo e Fancello, alla poetica legata alla musica di Fausto Melotti, allo Spazialismo di Lucio Fontana, all’ardente Informale di Agenore Fabbri, alle ricerche permeate di riflessioni filosofiche di Nanni Valentini.
Accompagnano le opere plastiche alcuni disegni degli autori in mostra e una sezione di volumi e rari cataloghi d’epoca.

Fonte: http://www.montrasioarte.it/upcoming-2/

Biennale Internationale de Céramique de Vallauris 2016

Info:

Sito web: CLICCA QUI

Candidature: CLICCA QUI

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La 24 ° edizione della Biennale Internazionale della Ceramica a Vallauris Creazione diceramiche contemporanee si svolgerà da luglio a novembre 2016.

La Biennale è disponibile sotto forma di un corso, di un concorso e una serie di mostre, un’esposizione tematica o monografica, al fine di migliorare la ricchezza e la diversità della corrente ceramica artistica, a livello internazionale.

PRIMA EDIZIONE CONCORSO CeramicAppignano

Info: 

Termine iscrizioni: 30 settembre 2015

Info:[email protected]

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COMUNE DI APPIGNANO
(Provincia di Macerata)
PRIMA EDIZIONE CONCORSO

CeramicAppignano

REGOLAMENTO

L’Amministrazione Comunale di Appignano, nell’ambito delle azioni intese alla promozione
della ceramica, indice un concorso ceramico nazionale denominato
CeramicAppignano. Il concorso si propone di incentivare la ricerca tramite il
rinnovamento di forme e modi espressivi nell’ambito della produzione ceramica,
individuando soluzioni che sappiano felicemente coniugare passato e presente tramite una
“rilettura delle tradizioni ceramiche” come indicato dalla legge per la “qualificazione della
ceramica artistica e tradizionale della ceramica italiana di qualità”.

Il Concorso, le nuove edizioni di Leguminaria e della Mostra/Mercato di ceramica
potranno risultare reciprocamente volani di interesse turistico e culturale.

Il Concorso è aperto a:
a) artisti ed artigiani della ceramica. La giuria seleziona una rosa di artisti da invitare.
b) studenti Licei Artistici, Istituti d’Arte nonché facoltà universitarie del settore, associazioni
e/o scuole di ceramica

Potranno essere presenti, fuori Concorso, ma sempre sul tema proposto, anche pezzi di
noti ceramisti italiani o provenienti da altri paesi con i quali venissero instaurati progetti di
scambi internazionali.

1 – Il tema del concorso: Convivium
Per CeramicAppignano 2015 il tema sarà: Convivium, gli artisti dovranno interpretare,
attraverso la realizzazione di un’opera, il concetto di convivio/banchetto.

2 – Sezioni del concorso
Il concorso, sia per quanto riguarda gli studenti che i ceramisti, è articolato nelle seguenti 2
distinte sezioni:

• Artisti affermati con partecipazione su invito. La giuria seleziona una rosa di artisti
da invitare.
• Artisti emergenti e studenti di scuole e/o accademie e/o associazioni legate alla
ceramica con partecipazione libera. La giuria selezionerà un numero di opere da
ammettere al concorso.

3 – Numero pezzi e caratteristiche
Ogni concorrente potrà presentare una sola opera, composta da uno o più pezzi,
appositamente creata per il concorso. L’opera dovrà essere realizzata con un ingombro
massimo di cm50x50x50. L’opera dovrà essere interamente realizzata da chi la presenta
e dovrà recare un marchio indicante la data di realizzazione che non potrà essere
anteriore alla pubblicazione del presente bando.
Il concorso si propone di porre un accento oltre che sulla tradizione anche sulla ricerca di
nuove forme e modi espressivi nell’ambito della produzione ceramica, individuando
soluzioni che sappiano felicemente coniugare passato e presente tramite una rilettura
delle tradizioni ceramiche e che esprimano il concetto di Convivim inteso come
banchetto, convito riunione, insieme di persone, simposio.
Il Concorso, le nuove edizioni di Leguminaria e della Mostra/Mercato di ceramica
potranno risultare reciprocamente volani di interesse turistico e culturale.
Per la realizzazione delle opere in Concorso, ispirate alla storica manifestazione
appignanese, Leguminaria sarà accettato l’utilizzo di diversi materiali ceramici come
terre, terraglie, gres, porcellana e maiolica.

4 – Modalità e termini dell’iscrizione

A. L’iscrizione al concorso è gratuita.
B. La domanda di iscrizione dovrà essere inviata al Comune di Appignano entro le
ore 12.00 del 30 settembre 2015. Eventuale proroga del termine sarà resa nota
sul sito del Comune di Appignano. L’iscrizione presuppone la conoscenza e
l’accettazione integrale del presente regolamento.

Entro la stessa data dovranno essere fatte pervenire:

• 3 foto del manufatto, da tre diversi punti di vista, in formato digitale ad alta
risoluzione (300 dpi – possibilmente 3000×4000 pixel) necessarie per la
preselezione e che successivamente potrebbero essere utilizzate in caso di
pubblicazione del catalogo Terre d’Arte 2015 relativo ai pezzi partecipanti al
concorso.
• Una scheda descrittiva del pezzo: obbligatoria (pena l’esclusione dal concorso),
comprendente i dati relativi alle misure, alla tecnica ed ai materiali utilizzati.
o un sintetico curriculum dell’autore (max 1.000 battute).
o il modulo di iscrizione

I suddetti documenti, unitamente al materiale fotografico ed alla scheda descrittiva
dovranno essere consegna via posta elettronica al seguente indirizzo mail:
[email protected].

5 – La Giuria

La giuria di esperti è composta da:
Assessore alla Cultura e/o del turismo di Appignano, Prof. Mario Buldorini, Sig. Roberto
Bronzi, Dott.ssa Claudia Casali (Direttore del Museo Internazionale delle Ceramiche in
Faenza), Maestro Adriano Leverone (ceramista ligure di fama internazionale), Mirco
Denicolò (Ceramista di fama internazionale e docente ISIA Faenza), Sig.ra Silvia
Imperiale.
La giuria popolare sarà costituita dai visitatori della mostra delle opere selezionate,
esposte durante la manifestazione Leguminaria 2015
Il giudizio delle Giurie sarà insindacabile.

6 – Consegna opere

A. Ogni candidato ammesso al concorso dovrà far pervenire l’opera portofranco
oppure mediante consegna a mano, presso l’Ufficio Protocollo Comune di
Appignano all’indirizzo sotto riportato entro il 09. ottobre 2015
Non verranno accettate consegne oltre tale data. Per le spedizioni farà fede la data di
invio. Si accettano consegne dirette presso il Comune ufficio protocollo tutti i giorni dalle
ore 9.00 alle ore13.30.

COMUNE DI Appignano
Ufficio Protocollo
Piazza Umberto I
62010 Appignano (MC)

Per informazioni:
Silvia Imperiale cell.: 3355719670; [email protected].
Vittoria Trotta Ass. alla cultura cell.: 335/7071317; Alessia Tarabelli Ass. al turismo cell:
3332147022.

B. Le spese per la realizzazione dei pezzi, di imballaggio, spedizione e restituzione sono a
carico del partecipante.

C. I pezzi dovranno essere imballati a regola d’arte ed il collo così confezionato dovrà
recare all’esterno il nome e i dati dell’autore. Gli organizzatori porranno ogni cura nel
manipolare le ceramiche, ma non potranno in nessun caso essere ritenuti responsabili di
eventuali danni involontari. Inoltre si declina ogni responsabilità per eventuali furti,
danneggiamenti o smarrimenti da qualsiasi causa generati.

7 – Ritiro
I pezzi esposti al concorso, esclusi quelli premiati con un buono acquisto che rimarranno
di proprietà del Comune, potranno essere ritirati al termine della manifestazione di
Leguminaria 2015 che si svolge durante la terza settimana del mese di ottobre. Dopo
questa data, i pezzi potranno essere ritirati presso il Comune di Appignano.
Qualora il ritiro non avvenga entro la fine del mese di dicembre 2015 le ceramiche
rimarranno di proprietà del Comune. Gli organizzatori porranno ogni cura nel
manipolare i diversi manufatti, ma non potranno in nessun caso essere ritenuti
responsabili di eventuali danni. Inoltre si declina ogni responsabilità per eventuali furti,
danneggiamenti in mostra o smarrimenti da qualsiasi causa generati.

8 – Mostra
I pezzi selezionati saranno esposti al pubblico durante le giornate della manifestazione
Leguminaria presso la Sala Eventi del palazzo comunale. La premiazione si svolgerà
domenica giornata conclusiva della manifestazione Leguminaria 2015

9 – Premi

A. Premio selezione giuria
La Giuria assegnerà, Premi concorso: premio categoria artisti affermati € 1000– premio
categoria artisti emergenti € 500;
Premio giuria popolare, una confezione con i prodotti dell’eccellenza enogastronomica
appignanese.

B. Voto giuria popolare
Durante l’esposizione, il pubblico potrà votare l’opera preferita tramite l’apposita scheda
che verrà consegnata all’ingresso.
Il risultato della votazione della Giuria popolare verrà comunicato nel corso della
premiazione ed il vincitore riceverà un attestato.

10- Pubblicazioni
L’Organizzazione si riserva il diritto di pubblicare le immagini dei pezzi partecipanti sul sito
internet della manifestazione, nonché di utilizzarla per il resoconto dell’attività dell’evento,

proponendola per la pubblicazione su quotidiani, riviste specializzate, televisione. Ci si
riserva inoltre il diritto di utilizzare queste immagini in ogni forma ritenuta opportuna
(materiale per stampa, pubblicazioni, manifesti, locandine ecc.) anche per le future
edizioni del concorso. Inoltre sarà realizzato un Catalogo Terre d’Arte 2015 relativo al
concorso di tiratura nazionale.
Il presente bando ed il modulo di iscrizione saranno pubblicati sul sito
www.comune.appignano.mc.it che si prega di consultare periodicamente per gli
eventuali aggiornamenti.
In conformità a quanto stabilito dalla legge 196/2003 sulla tutela della privacy, l’artista dà
autorizzazione al trattamento dei propri dati personali ed alla loro utilizzazione da parte
degli organizzatori.

PORCELLANA DI CAPODIMONTE TRA MITO E REALTÀ

Giuseppe Mascolo, Prof. di Chimica Applicata al Dpt. di Ingegneria Industriale Università di Cassino

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Premessa

Grazie alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli e alla convenzione stipulata con la Regione Campania, è stato possibile effettuare la presente ricerca sulla porcellana di Capodimonte la cui produzione durò 16 anni (1743-1759) fino a quando Carlo III di Borbone, re di Napoli e di Spagna, trasferì al Buen Ritiro (Madrid) tutto il complesso della fabbrica operai compresi. Dalla Soprintendenza sono stati ricevuti un quantitativo di campioni di porcellana, costituenti del corpus di reperti, ritrovato nel 1950 in uno scavo eseguito nelle vicinanze della palazzina che è l’attuale sede dell’Istituto Professionale “Giovanni Caselli” di Napoli, dove in passato era la reale fabbrica di Capodimonte. Mentre per le porcellane d’epoca, sia cinesi che europee, è oggi possibile formulare ipotesi verosimili sia sulle materie prime impiegate che sul relativo ciclo di produzione, ciò non è possibile per la porcellana di Capodimonte, in quanto, i dati in archivio sono andati distrutti e le uniche informazioni si rifanno ad alcune analisi storiche (Minieri Riccio e Novi). Molteplici ipotesi sono state formulate sul ruolo svolto da una o pù materie prime nella composizione dell’impasto di porcellana di Capodimonte. Attualmente, l’unico accordo esistente fra i diversi studiosi della materia è relativo all’impiego di materie prime di provenienza locale. Un ulteriore dilemma è sulla natura della porcellana, ovvero, se essa è stata confezionata o meno con l’impiego di una fritta*

*Miscela bassofondente di vari ossidi, omogeneizzata per fusione e macinata.

Per la prima ipotesi propendono il D’Onofri (1788), Rebuffat (195) e Lane (1954); mentre Novi, Tesorone e Liverani optano per la seconda ipotesi. Tra le materie prime adoperate per la confezione dell’impasto ceramico, notevole importanza viene data al “tarso” di Fuscaldo, sulla cui natura chimica-mineralogica esiste una controversia. Caolino, quarzo, argilla bianca o roccia pegmatica rappresentano le differenti materie prime ipotizzate come tarso. È da tener presente che la porcellana di Capodimonte deve essere classificata come una porcellana tenera in quanto caratterizzata da una temperatura di cottura inferiore a 1280°C come è stato verificato da Liverani (1959) e, di recente dall’Istituto “Caselli”. L’intervallo di temperatura di rammollimento, misurato su uno dei reperti donato dalla Soprintendenza di Napoli al museo di Faenza, è risultato compreso tra 1180°C e 1220°C. Musella Guida, invece pone l’accento sul ruolo del gesso (CaSO4 2H2O) per l’apporto di CaO nell’impasto di porcellana. L’unica analisi chimica disponibile, eseguita su un campione di porcellana d’epoca, risale al 1905 da Rebuffat, prof. di Chimica Docimastica Università di Napoli.

RICERCHE ATTUALI SU REPERTI DI PORCELLANA D’EPOCA

Per queste ricerche ci si è avvalso di campioni di pochi mg prelevati dai reperti che costituivano scarti di lavorazione dell’epoca. In particolare sono stati selezionati diciannove campioni sui quali sono state effettuate indagini chimico-fisiche. Dalle analisi è risultata che la densità apparente è poco superiore a 2g/mL (2,05), valore coincidente ca. con quello di Rebuffat (2,04), mentre la densità reale si attesta su un valore di 2,42g/mL contro il 2,36g/mL di Rebuffat. Bisogna tener presente che un vetro di sola Silice (SiO2) ha una densità di 2,23g/mL; mentre le forme polimorfe della sice cristallina, quarzo e tridimite di bassa temperatura, sono caratterizzate dai valori di 2,65 e 2,24g/mL. La densità dei reperti si attesta su un valore intermedio tra quello della silice vetrosa e quello delle fasi cristalline stabili al di sotto di 1200°C.

Dalle analisi fatte da Rebuffat su una tazzina di Capodimonte risultò che il contenuto di silice era piuttosto elevato (85,68%), atipico per una porcellana. Il contenuto di allumina (Al2O3) è risultato basso se rapportato a quello di altre porcellane dell’epoca e in particolare alle porcellane dure, caratterizzate da un tenore di allumina molto più elevato. Questo potrebbe implicare che la maggior parte del contenuto dell’allumina, presente nella composizione della porcellana partenopea, debba associarsi alla componente argillosa indispensabile alla realizzazione di un impasto ceramico lavorabile. Su alcuni reperti e in particolare in corrispondenza di incavi è stata rilevata la presenza, in alcuni casi massiva, di polvere bianca, praticamente incoerente, che è stata oggetto di analisi diffrattometrica con i raggi X. Tale polvere è costituita da una miscela di quarzo e tridimite con tracce di feldspati. Le percentuali di SIO2 sono 92,5 , di Al2O3 3,55 , di K2O 1,85 , di Na2O 0,13 , di CaO 0,18 , MgO 0,21 , di TiO2 0,12 e Fe2O3 0,08. La presenza di tridimite in tale polvere e la sua locazione fa supporre che abbia subito le stesse vicissitudini termiche del reperto da cui è stata recuperata. Tale ipotesi è connessa col fatto che la tridimite è il prodotto della trasformazione polimorfa del quarzo quando quest’ultimo viene trattato a temperatura superiore a 870°C. Assumendo una temperatura di cottura per la porcellana di Capodimonte di 1200°C e un tempo di cottura di due giorni; come emerge da un documento che riporta un colloquio tra il re e l’ambasciatore piemontese, nel quale il re si rammaricava di no aver trovato una materia capace di resistere oltre 48 ore al fuoco delle sue fornaci, a differenza della porcellana tedesc di Meissen che vi resisteva 8 giorni, si giustifica la presenza della tridimite in miscela con il quarzo nella predetta polvere. È noto che la velocità di trasformazione polimorfo quarzo-tridimite è lenta e può essere accelerata dalla presenza di un fase liquida che accompagni il quarzo in via di trasformazione. Poiché tale polvere è chimicamente costutuita da silice (92,5%) all’origine, cioè prima del trattamento termico, essa doveva essere costituita solo da quarzo. Se si confronta lo spettro di diffrazione ai raggi X della polvere con i reperti studiati appare evidente la stretta somiglianza mineralogica dei due campioni. Sono caratterizzati dalle stesse fasi cristalline: quarzo e tridimite. Nella porcellana è presente una frazione vetrosa che nel corso della cottura costituisce la fase liquida indispensabile per il processo di ceramizzazione, ché favorisce la trasformazione polimorfa del quarzo in tridimite, giustificando sia la minor q.tà di fasi cristalline sia più elevato il rapporto tridimite/quarzo della porcellana. Nella fase liquida, oltre alla silice, sono presenti tutti gli altri elementi della miscela ceramica, come glimossidi alcalini e alcalino terrosi (k2O e Na2O; CaO e MgO), oltre ai componenti minori. L’elevato contenuto di SiO2 e di ossidi alcalini della porcellana e le minori q.tà di ossidi di metallo alcalino terrosi, implicano la scarsa resistenza al fuoco e all’acqua della ceramica. La frazione meno durabile della porcellana è rappresentata dalla frazione vetrosa la cui stabilità è accentuata dalla presenza degli ossidi alcalino terrosi. Il toscano Paolo Paoletti, esperto nella conduzione delle fornaci della fabbrica di Capodimonte, si lamentava con il re per la scarsa resistenza al fuoco e all’acqua della porcellana e, quindi, ad un suo impiego nell’uso domestico. È significativo ricordare che il re pochi anni prima di morire, gli si ruppe la sua “chicchera” preferita, ove per 50 anni vi gustava la cioccolata calda e, la sostituì con una prodotta in Sassonia e non con una di Capodimonte o del Buen Retiro. Un ulteriore risultato è rappresentato dalla maggiore presenza del quarzo rilevato in numerosi reperti. Ciò giustifica la bassa produttività della porcellana d’epoca; la presenza massiva di quarzo nel prodotto di cottura comporta una repentina e pericolosa trasformazione polimorfa alla temperatura di 572°C cui si accompagna una variazione di volume con innesco di tensioni meccaniche in grado di determinare la frattura degli oggetti soprattutto in fase di raffreddamento. Il famoso tarso, potrebbe essere la polvere bianca recuperata dai reperti. Ipotesi possibile è che gli oggetti venissero protetti durante la cottura con lo stesso tarso, il quale subiva lo stesso trattamento termico della porcellana. Tale procedura, dal punto di vista tecnologico, consentirebbe due vantaggi, quali: di protezione dell’oggetto durante la cottura dalla fiamma e dall’inquinamento del combustibile e di uniformare il livello di cottura dell’oggetto. Un eventuale riutilizzo del tarso pretrattato nella confezione dell’impasto di porcellana consentirebbe una riduzione del contenuto di quarzo con riducendo i fenomeni di frattura. Un aspetto interessante emerso dalle analisi sui reperti è la presenza di SnO2 e K2O-CaO, il che fa dedurre che nella composizione dell’impasto di porcellana non si sia stata impiegata una fritta, in caso contrario gli ossidi alcalini dovrebbero essere distribuiti in modo omogeneo nella frazione vetrosa. Secondo Musella-Guida il precursore del CaO potrebbe essere il gesso. All’uopo fu svolta un’indagine mirata tramite microanalisi a dispersione di energia (EDS) per rilevare l’eventuale presenza di zolfo, che è risultato essere assente in tutti i reperti. Noto è che la decomposizione del CaSO4 puro in SO3 CaO ha luogo a temperatura elevata (1400°C ca.), il che farebbe intendere che il gesso non sia stato utilizzato nella confezione della miscela di partenza della porcellana. Tuttavia la presenza degli ossidi alcalini può facilitare la decomposizione del gesso e quindi la scomparsa di zolfo nei reperti. Tale desolforazione sarebbe correlabile alla formazione, durante la cottura, di composti misti a base di solfato di calcio e di ossidi alcalini caratterizzati da una temperatura di desolforazione inferiore a quella del gesso puro. Più della metà dei reperti, osservati in microscopia elettronica a scansione (SEM), sono caratterizzati da una notevole microporosità, che nel corso della cottura ha dato luogo all’evoluzione elevata q.tà di fase gassosa; si potrebbe affermare che i reperti siano stati confezionati con una miscela naturale senza l’impiego di una fritta; la microporosità giustificherebbe la tenuta e l’adesione degli smalti e degli elementi decorativi che hanno contribuito a rendere famosa la porcellana di Capodimonte.

IPOTESI DI CONFEZIONE DELL’IMPASTO DI PORCELLANA D’EPOCA

Sulla base dei risultati emersi dalle sperimentazioni è possibile formulare che il famoso tarso di Fuscaldo sia il nerbo della porcellana, essendo costituito da quarzo associato a tracce di feldspati. Si presume che questa polvere fosse utilizzata anche nella protezione degli oggetti di porcellana dal fuoco delle fornaci nel corso della cottura. In aggiunta al tarso, l’impasto di porcellana doveva contenere l’argilla di Vicenza in grado di fornire la necessaria plasticità in fase di foggiatura con apporto di Al2O3. Le perplessità maggiori sono connesse alla o alle materie prime impiegate come fondenti. Sia la presenza di relitti a base di CaO-K2O che la notevole microporosità manifestata dai reperti, fanno ipotizzare l’impiego di fondenti che in fase di cottura generavano notevoli q.tà di fase gassosa. Tale constatazione favorirebbe l’ipotesi di aggiunte di sostanze decomponibili quali tartaro (Novi), gesso etc, indispensabili fonti di K2O, CaO e Na2O. Nonostante l’impiego profuso in questa ricerca permangono incertezze sulle materie prime adoperate nella confezione dell’impastoper la produzione della porcellana di Capodimonte. Queste incertezze sono spiegabili dal fatto che le analisi sono state svolte su scarti di lavorazione e non sui reperti museali. La conditio sine qua non per dare una risposta al mito della porcellana di Capodimonte è di analizzare un campione museale.

INTERDISCIPLINARIETÀ E CAMPIONATURA NELLO STUDIO DELLA POCELLANA DI CAPODIMONTE

Caratteristiche dell’insieme di scarti della fabbrica di Capodimonte

L’insieme dei frammenti ceramici rinvenuti nello scarico della Fabbrica di Capodimonte costituisce, dal punto di vista statistico, un perfetto campionamento casuale, ed è rappresentativo del lavoro di sperimentazione e della produzione tecnologica maturata in quell’opificio. Esso ha il carattere della casualità in quanto si è costituito, durante tutto il periodo di attività della fabbrica, con oggetti frammentatisi in maniera accidentale e con scarti di cottura: tale situazione è assimilabile ad un’estrazione a caso, secondo una serie numerica, rappresentativa della tipologia produttiva. La possibilità di far riferimento ad una procedimento casuale di campionamento ci consente, in linea di principio, di renderci indipendenti dalle distorsioni nella selezione dei campioni, quando questa avvierei maniera mirata; inoltre, il numero elevato delle unità costituenti il campionario ci assicura, in senso statistico su una normalità del campione rispetto ai caratteri della produzione. Se ci fosse la possibilità di utilizzare tutti questi frammenti come campioni per le analisi, riusciremmo a conoscere dopo un congruo sforzo analitico i caratteri tecnologici di quella produzione. In realtà lo scarico ha attribuizioni che lo rendono esso stesso un Bene Culturale, il documento materiale del tentativo di impiantare una produzione manifatturiera ad alto valore aggiunto, capace di esportare i suoi prodotti e contribuire ad inserire il regno Borbonico tra gli Stati Europei più moderni. La collocazione della fabbrica in un contesto ad alto valore ambientale e paesaggistico qual è il Parco di Capodimonte, testimonia il tentativo di coniugare la necessità dell’industrializzazione con il resto dell’ambiente indice di una cultura tecnologica di notevole interesse. Il materiale recuperato va tutelato e, nelle indagini vanno selezionate parti rappresentative dello scarico su cui poter operare, secondo opportune tecniche, prelievi di materia per le analisi.

METODOLOGIA INTERDISCIPLINARE

La ricerca avviata è multidisciplinare con aspetti interdisciplinari, in quanto vede uno stretto rapporto tra chimici,fisici, ingegneri, ceramisti, decoratori, formatori, storici dell’arte e archeologi industriali. Nasce in un ambiente di cultura tecnico-scientifica, l’Istituto della Porcellana di Capodimonte, aduso, per tradizione didattica, alla necessità del dialogo tra le diverse componenti tecnico-scientifiche operanti nella scuola. Si impone la necessità di ricercare modi e strumenti di lavoro che accentuino le sinergie conoscitive tra le diverse discipline interessate al programma di ricerca scientifica, il cui ultimo fine è la ricostruzione fedele di tutti gli aspetti di questa particolare produzione artistico-industriale. Il criterio guida di questo lavoro è stato l’ampliamento della fase di documentazione propedeutica alle indagini di laboratorio, al fine di acquisire dati utili per la campionatura mirata. In tal modo, componendo il campionamento casuale ad una campionatura mirata, si avrà una altissima probabilità che i risultati degli studi analitici di laboratorio, sui pochi campioni che è possibile prelevare, siano rappresentativi dell’insieme degli scarti ed indirettamente dell’antica produzione di porcellana della fabbrica di Capodimonte. L’errore sarà in proporzione alla mancata corrispondenza degli scarti nela produzione della fabbrica, ma allo stato delle conoscenze “archeologiche e storico artistiche”, non vi sono dati per supporre un discostamento notevole tra scarti e produzione ceramica. Gli adempimenti preliminari alla campionatura, finalizzati agli scopi predetti, secondo la metodologia scientifica corente, sono: catalogazione del materiale mediante uno schema che prevede voci per tutti i parametri suscettibili di misura applicando indagini ed esami non distruttivi; documentazione fotografica dei frammenti in diapositive a colori; documentazione grafica dei frammenti più significativi; indagini non distruttive. Questo modo di procedere consente una ordinata raccolta di dati utili per lo studio dello scarico, comprensibile per tutti i componenti del gruppo interdisciplinare di ricerca. Le analisi da espletare vanno individuate con cura ed attenzione alla luce delle questioni che emergeranno dopo la prima fase di lavoro, e dovranno produrre dati, che opportunamente elaborati possono consentire allo studioso di guardare i reperti secondo una nuova luce. Un aspetto che facilita la comunicazione interdisciplinare è un lessico normalizzato, con funzione biunivoca tra il termine impiegato e il concetto o nozione che esso vuole esprimere. L’esame della letteratura mette in luce l’uso di termini discrezionali per l’analisi morfologica e tecnologica dei manufatti creando no poche difficoltà nella comunicazione scientifica.

CAMPIONAMENTO E CAMPIONATURA

Il campionamento e la campionatura devono risolvere i seguenti problemi: individuazione dei criteri dello scarico attraverso lo studio delle frequenze dei diversi frammenti; rappresentatività delle problematiche in laboratorio; prelievi rappresentativi delle situazioni osservate; esaustività della campionatura rispetto ai problemi conoscitivi e conservativi. Gli obiettivi sono: caratterizzazione dei manufatti e dei materiali costitutivi; studio delle trasformazioni avvenute nella fase di seppellimento; ricostruzione della tecnologia che li ha prodotti; definizione di criteri ed analisi capaci di orientare nell’attribuzione di autenticità della porcellana antica di Capodimonte. A questo scopo il DIMP e IPSIA della porcellana hanno misurato la densità dei frammenti distribuendo gli stessi tra i diversi valori; un’altra serie di dati utili alla selezione è stata acquisita con la catalogazione degli oggetti. Le proprietà prescelte sono: numero di precatalogo; forma/rappresentazione; peso/volume; spessore; colore; tecnica foggiante; rivestimento; difetti; ornato; valore di esteticità. La procedura di selezione prevede le seguenti operazioni: distribuzione dei frammenti tra le diverse densità rilevate (lavori DIMP e IPSIA); definizione dei sottoinsiemi per ogni classe di densità a secondo delle tecniche di foggiatura osservabili; ripartizione secondo le forme, il colore, l’esistenza di rivestimenti o di difetti; precatalogazione degli oggetti per valore di esteticità. Per le analisi si preleva un frammento dal reperto mediante taglio meccanico con una pinzetta da mosaicista che consente di controllare la frattura.

INDAGINI COMPARATE IN MICROSCOPIA OTTICA

È di particolare importanza che l’indagine scientifica sia assistita da una buona documentazione in diapositive a colori, in quanto quest’ultima rappresenta il dato scientifico che rende possibile e l’osservazione e la discussione secondo punti diversi di vista di segni, epigrafi, incrostazioni, decorazioni. Il passo successivo è l’osservazione al microscopio stereobinoculare, strumento che permette di osservare l’oggetto in visione binoculare e fisiologica in modo da vedere la microstruttura con il proprio bagaglio di idee e esperienze, effettuando valutazioni che nessun analisi può consentire. L’osservazione allo stereo microscopio può essere finalizzata all’indagine microscopica dei seguenti fatti: trattamenti superficiali; modalità della decorazione; osservazione del materiale in frattura; porosità; grana e tessitura del materiale. Tutte le osservazioni vanno documentate mediante fotografia in diapositive a colori. L’osservazione allo stereo è seguita dalle osservazioni a luce polarizzata di sezioni sottili del materiale, che oltre alle normali indicazioni petrografiche, ci consentono di avere una più chiara visione micro strutturale sia in rapporto ai parametri esposti per l’osservazione stereoscopica, sia rispetto a fasi di neoformazioni collegabili con la tecnologia produttiva dei manufatti. La funzione dell’indagine in microscopia ottica assume il compito di preparare ad una finalistica interpretazione i dati che si ottengono dalle analisi strumentali, quali la rifrattometria X, l’analisi in dispersione di energia, l’esame al microscopio elettronico a scansione (SEM), la porosimetria a mercurio, l’analisi termica differenziale.

Dizionario della porcellana

DEFINIZIONI

Marmorizzazione: effetto decorativo rappresentato da venature di diverso colore, simile al marmo. Può essere ottenuto per miscelazione, allo stato plastico, di differenti argille e, in questo caso, l’effetto decorativo è apprezzabile sia in superficie sia in frattura, oppure può essere una decorazione solo superficiale ottenuta da una miscelazione di ingobbi o di colorati.

Piccolo fuoco: qualsiasi decorazione che preveda l’applicazione di colori o di metalli su superficie già vetrificata e una temperatura tra i 600 °C e gli 800 °C. La decorazione si presenta a contorni netti, avvertibile al tatto; la gamma di colori è ampia.

Riflesso metallico: decorazione consistente in un sottile deposito di metalli preziosi. In ceramica generalmente si usano a tal scopo oro e platino.

Rotella (decorazione alla): decorazione per impressione mediante strumento cilindrico fatta rotare sulla superficie dell’oggetto quando questo si trova allo stato plastico.

Sabbiatura: applicazione di sabbia con scopi decorativi per aspersione sulla superficie dell’oggetto crudo.

Serigrafia: tecnica decorativa che consiste nell’imprimere sulla superficie ceramica la sostanza colorante attraverso le maglie di uno schermo-seta, preventivamente impermeabilizzato nelle zone destinate a non far passare il colore.

Stralucido (decorazione a): lucidatura parziale della superficie secondo un motivo decorativo.

Terzo fuoco: (vedere piccolo fuoco)

Traforo (decorazione a): decorazione dell’oggetto per perforazione della parete, allo stato crudo, secondo un motivo ornamentale.

PRODOTTI O SEMILAVORATI

Biscotto: prodotto semilavorato che ha subìto una prima cottura (biscottatura) in preparazione dell’applicazione del rivestimento. La temperatura di biscottatura può essere minore di quella della successiva cottura del rivestimento, come nella lavorazione della porcellana e del gres, oppure maggiore, come in genere nella produzione della maiolica. La temperatura di biscottatura è fra 850 °C e 1000 °C.

Biscuit: prodotto in porcellana senza rivestimento

Bone China: tipo di porcellana tenera, prodotta con un impasto che contiene almeno il 25% e fino il 50% di cenere d’ossa.

Ceramica: materiale inorganico, no metallico, ottenuto da materie prime minerali, foggiato a freddo e consolidato in modo irreversibile mediante cottura.

Chamotte: materiale ceramico privo di rivestimento vetroso, anche di scarto, appositamente macinato oppure cotto direttamente in piccola pezzatura. Viene introdotta negli impasti ceramici con funzioni di sgrassante e inerte.

Degourdi: termine che indica il biscotto della porcellana.

Faenza: termine desueto per indicare un materiale ceramico ad impasto poroso, colorato, per lo più raffinato e valorizzato dall’applicazione di un rivestimento.

Faenza silicea: prodotto ceramico ad impasto poroso, bianco o colorato, a composizione silicea, con rivestimento vetroso e ingobbio siliceo sotto vetrina.

Gres: tipo di ceramica a corpo compatto, dotato di porosità quasi nulla, conseguente della presenza di una componente vetrosa in quantità dell’ordine del 40% e 50%. Il colore può essere utilizzato senza o con rivestimento rappresentato da una vetrina o da uno smalto applicati in crudo o in cotto.

Maiolica: tipo di ceramica ad impasto poroso, colorato, raffinato e con caratteristica peculiare la presenza di uno smalto. Possono essere presenti anche uno strato di ingobbio sotto lo smalto e/o uno strato di vetrina sopra lo smalto. Quest’ultima valorizza gli effetti estetici dello smalto e della decorazione sotto la vetrina. La lavorazione prevede due cotture: la prima, biscottatura, è eseguita a temperatura di 950 °C; la seconda, destinata alla maturazione del rivestimento, avviene a 920 °C.

Porcellana: prodotto ceramico compatto, bianco a volte traslucido. La porosità aperta è nulla, quella chiusa può raggiungere anche valori del 5%. Il materiale è di fase vetrosa, per cui la componente cristallina non supera il 40%. La porcellana viene suddivisa in differenti criteri fra i quali è la temperatura. La porcellana dura è formata da un impasto di caolino, felpato e quarzo e richiede una temperatura maggiore di 1280 °C; la porcellana tenera si cuoce intorno ai 1200 °C. La porcellana presenta un rivestimento trasparente che viene applicato in crudo o dopo una prima cottura a temperature tra 800/900 °C. Il prodotto precotto per la smaltatura viene denominato degourdi. I componenti del rivestimento sono gli stessi dell’impasto, ma in proporzioni tali da conferire alla miscela una maggiore fusibilità. Per un maggiore grado di bianco, la cottura della porcellana si effettua con un primo periodo di riscaldamento in atmosfera ossidante, una fase ad elevata temperatura in atmosfera riducente e un processo di raffreddamento in atmosfera neutra.

Terracotta: materiale poroso e colorato ottenuto dalla cottura di argille contenenti minerali di ferro, a temperature in genere minori di 1000 °C. Il materiale cotto assume una colorazione rossa in presenza dell’atmosfera ossidante; l’eventuale presenza di calcio e la sua reazione con il ferro fanno virare il colore su tonalità giallastre. Un’atmosfera riducente dà colori grigi o scuri.

Terraglia: ceramica porosa, fine e di colore bianco, il cui impasto è costituito da una miscela di differenti materie prime. Si distinguono la terraglia calcarea, detta tenera, e feldspatica, detta forte; composizione intermedie sono semiforti. L’impasto per la tenera è costituito da argilla plastica, un calcare e una sabbia quarzifera, la cottura avviene in due fasi: biscottatura (1000 °C) e cottura del rivestimento (900-950 °C). La forte è costituita da argilla, sabbia quarzifera e felspato. Durante la cottura il feldspato genera una fase fusa che dà una resistenza meccanica all’impasto, riducendo la porosità.

I manufatti di terraglia forte sono impermeabilizzati da una vetrina applicata su biscotto. La biscottatura avviene a 1250 °C e la seconda cottura a 1100-1150 °C.

DIFETTI

Calcinello: grumo di calcite secondaria, con dimensione di 1 mm, la cui formazione è dovuta alla presenza di ossido di calcio libero nel prodotto finito. La formazione di calcite causa un aumento di volume che può provocare il distacco di una scheggia del materiale che separa il grumo dalla superficie esterna e lo sgretolamento dello stesso grumo di calcite. L’ossido di calcio libero costituiva il residuo della decomposizione di calcite primaria, che non aveva potuto reagire con la matrice silicatica circostante.

Cavillo: difetto del rivestimento vetroso. Si manifesta con esili fessure che non proseguono nel substrato. Il cavillo di origine primaria compare durante la cottura, nella fase del raffreddamento, ciò è causato da un’eccessiva contrazione del rivestimento rispetto all’impasto ceramico. Quello secondario, tardivio, si manifesta a distanza di tempo dopo la fabbricazione del manufatto, dovuto da un’espansione del substrato con assorbimento di umidità.

Craquelé: vedere cavillo

Cuore nero: zona più o meno estesa di colore marrone scuro a nero, riconoscibile in frattura nella parte più interna del pezzo ceramico. Benché si presenti con contorni sfumati, il cuore nero è distinguibile per la differenza di colore rispetto alle parti più esterne del pezzo stesso. La presenza del cuoore nero indica un’insufficienza ossidazione, ma non costituisce un difetto da compromettere la funzionalità del prodotto, al contrario se a tale difetto si affianca rigonfiamento o sfogliamento.

Deformazione: modificazione delle caratteristiche geometriche originali che può avvenire durante le fasi di essiccamento e di cottura.

Efflorescenza: accumulo di Sali solubili in strato sulla superficie di manufatti porosi, durante l’essiccamento o in qualunque altro momento di lavorazione del prodotto. La mobilizzazione dei sali attraverso i pori fino in superficie è dovuto dal processo di assorbimento e evaporazione di acqua. I sali solubili possono provenire dall’esterno o essere presistenti nel manufatto o possono formarsi nell’impasto per reazione con l’ambiente.

Puntinatura: difetto delle superfici con rivestimento vetroso. Si manifesta con la comparsa di minuscoli avvallamenti sulla superficie. È dovuto dall’affioramento di bolle gassose nel vetro fuso, quando la viscosità non consente più la chiusura delle cavità. Le bolle possono originarsi sia nell’impasto che nello strato vetroso dello stesso.

Scaglia: difetto causato dalla fratturazione dei rivestimenti vetrosi in scaglie, che si sollevano lungo le linee di frattura a causa dalla compressione esercitata dall’impasto sullo smalto in fase di raffreddamento. Il difetto è causato dalla differenza di fra i coefficienti di dilatazione dell’impasto e del rivestimento.

Smalto (distacco dello): distacco di schegge di smalto a causa di urti. È favorito dalla scarsa compenetrazione tra lo smalto e l’impasto.

Smalto (ritiro dello): consiste nella presenza di aree di varai ampiezza dove lo smalto durante la cottura non ha aderito. I bordi delle aree scoperte si presentano arrotondati e ispessiti. La causa principale è la tensione superficiale dello smalto. I fattori che possono influenzare il fenomeno sono: spessore di applicazione; grado di adesione Smalto/supporto; differenza di ritiro smalto/impasto in cottura; resistenza degli smalti etc.).

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PORCELLANE EUROPEE

Pasta dura di Sèvres

Supporto (1839): caolino 73, sabbia micea 24, calcare fine 6,3. Vetrina (1839): pegmatite pura di St. Yrieux.

Pate nouvelle di Sèvres

Fatta alla Manifattura Nazionale di Sèvres dal 1882 ca. ad oggi. Supporto: caolino 38, quarzo 24, feldspato di potassa 38. Vetrina: quarzo 32, feldspoto 36, caolino 17, calcare fine 16, biscottata a bassa temperatura, poi cotta in riduzione a 1280-1300 °C.

Porcellana di Vienna

Fatta dal 1719 al XX sec. Supporto: caolino 72, feldspoto 12, quarzo 12, gesso idrato 4. Vetrina non nota.

Porcellane di Nymphenburg

(Monaco-Germania) Fatta dal 1747 al XX sec. Supporto: caolino 70, quarzo 25,5 , gesso idrato 5,5. Vetrina: quarzo 35, gesso idrato 24, barbettina da porcellana 42.

Porcellane “Jesper” (di diaspro)

Prodotti da Wedgwood in Etruria e Stoke on Trent, Inghilterra, dal 1775 ad oggi. Supporto: solfato di bario 60, argilla 30, selce 10 (cotta a 1250 °C in ossidazione).

Porcellana fine (porcellana “d’ossa”) di Bore

Fatta a Bow, Londra, 1749-1775 ca. Ricetta del supporto: non nota in dettaglio, ma conteneva il 40-50% di cenere d’ossa. Temperatura di cottura non nota. Si usava vetrina al piombo a bassa temperatura di cottura.

Porcellana fine moderna: cenere d’ossa 50, caolino 25, pietre di Cornoveglia 25, biscottata a1250 °C in ossidazione. Vetrina di porcellana fine: borosilicato di piombo, cottura a 1060-1100 °C.

Porcellane di “pietra saponaria” di Worcester e Canghley

Fatte nel Worcestershire e nello Shropshire, Inghilterra, dalla metà alla fine del XVIII sec. Supporti: contenevano il 30-40% di pietra saponaria, cenere d’ossa, quarzo ed una piccola q.tà di argilla. Vetrina al piombo.

LA PORCELLANA DI CAPODIMONTE

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LA PORCELLANA DI CAPODIMONTE

LAVORAZIONE DELLA PASTA CERAMICA

Materie prime per la pasta ceramica

Materiale a base di silice → Quarzo

Plastificante (con Al e K) → Argilla

Fondente (con Na, Ca, K) → Soda + Tartaro

Proporzioni fra le materie prime

Soda + Tartaro = 10%

Quarzo + Argilla = 90%

FOGGIATURA

Non ci sono elementi archeometrici per confutare le tecniche di foggiatura dedotte dallo studio degli spessori, dei tipi e dell’andamento dei segni, tecniche che sono quelle storicamente in uso nelle manifatture del settecento:

foggiatura a mano per piccole parti, quali foglie, fiori e petali

foggiatura al tornio per impasti con sufficiente lavorabilità

foggiatura al tornio con abbozzo e rifinitura dell’abbozzo essiccato

stampaggio per le piastre ed i bassorilievi

stampaggio a tutto tondo per le statuine, parte posteriore e anteriore separatamente e successivo incollaggio delle due parti.

La scarsa q.tà di argilla presente nell’impasto, e quindi la scarsa plasticità di quest’ultimo, lascerebbe tuttavia ipotizzare un limitato ricorso alla foggiatura al tornio, ameno di non introdurre plastificanti organici, oggi non più individuabili.

COTTURA

La cottura della pasta ceramica produce un cambiamento di fase. Dei composti inizialmente presenti resta solo un parte di quarzo. Una parte del quarzo si trasforma in cristobalite. Parte del quarzo viene fuso, e dalla fusione cristallizza la tridimite. All’aumentare della temperatura di cottura cresce la q.tà di quarzo che si trasforma in cristobalite, e il rapporto Cristobalite/Quarzo (Cr/Qz) può essere preso come un indicatore relativo di temperature di cottura: >Cr/Qz → > Tcottura

Con la temperatura cresce anche la q.tà di fase fusa, che poi diventa vetro. La tridimite cristallizza durante il raffreddamento dalla fase fusa. Pertanto, essa sarà tanto maggiore quanto più alta fu la q.tà di fuso, poi diventata fase vetrosa, e quindi quanto più alta fu la temperatura di cottura. Le anomalie si possono giustificare con una variabilità di condizioni di lavorazione: diversa granulometria del quarzo; diverso gradiente di temperatura in fase di raffreddamento.

Porosità chiusa

L’abbondante porosità chiusa dimostra che una grande q.tà di gas si sviluppa dalla pasta in cottura, facendo pensare alla presenza di materiale organico aggiunto per aumentare la plasticità e quindi migliorare la lavorabilità della pasta stessa.

Smalti

Gli smalti hanno una composizione variabile per quanto riguarda i tenori di piombo, stagno e elementi coloranti → Necessità di approfondire lo studio dei rivestimenti con l’analisi di ulteriori frammenti opportunamente selezionati. In generale gli smalti hanno una composizione simile a quella della maiolica prodotta anche a Napoli a partire dal XV sec. → temperatura di cottura di 900-1000 °C.

Rivestimento

Il rivestimento è applicato su supporto cotto a ≈ 1200 °C; porosità aperta del supporto ≈ 1%, non sufficiente per un’applicazione dello smalto allo stato di barbettina → Applicazione a pennello utilizzando una “pappetta” densa.

Seconda cottura

La cottura dello smalto sembra produrre anche un rammollimento della pasta ceramica con conseguente rielaborazione delle bolle in un insieme di bolle più grandi.

Colore blu

Il colore blu come elemento colorante si ottiene con rame (Cu) oppure con cobalto (Co); l’associazione Co-As-Ni indica una probabile provenienza del minerale di cobalto dall’area tedesca; la carenza di PbO e l’abbondanza di alcali nello smalto 190 potrebbe essere la causa del difetto di “ritiro dello smalto”.

Criteri di selezione

collegabili a tipologie riconoscibili

riferibili a manufatti musealizzati

con difetti particolari o con caratteristiche uniche (colori)

riconducibili a manufatti riprodotti al Buen Retiro

Raggruppamenti

Impasto bianco: con rivestimento trasparente; con rivestimento opaco o colorato; senza rivestimento

Impasto colorato: con rivestimento trasparente; con rivestimento colorato; senza rivestimento